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LA VITA E' BELLA regia di Roberto Benigni

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kafka62     7½ / 10  16/05/2018 10:56:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da moltissimi anni maschera comica del cinema e del cabaret italiani, Benigni finalmente ingentilisce il suo personaggio di bischero toscanaccio, trattiene i suoi impeti giullareschi (pur non rinunciando ai momenti mattatoriali, come la dimostrazione burlesca della superiorità razziale italiana davanti alla scolaresca o la scena in cui fa da interprete da par suo al discorso in tedesco del soldato nazista), nobilita i temi spesso volgari delle sue storie, e – miracolo – fa un film vero, intenso, poetico, di quelli in cui si ride e si piange allo stesso tempo, come quando Chaplin faceva "Il monello", "Luci della città" e "Il grande dittatore". Debitore dichiarato di Charlot e di Totò, ma anche di Troisi (la corsa intorno all'isolato per incontrare "casualmente" la ragazza) e di Fellini (la scena quasi onirica, tra la nebbia, in cui Guido scopre l'ossario), Benigni riesce a fare un film insieme classico e originale. Classico perché la scansione comica degli episodi è orchestrata (da Cerami, il cui apporto alla sceneggiatura era già stato determinante in un film di ben altre ambizioni come "Johnny Stecchino") con la funzionalità narrativa e l'uso dell'ellissi tipici degli anni '40 e '50 (per esempio, i siparietti iniziali del cappello, di Schopenauer, della chiave gettata dalla finestra e di molti altri, vengono ripresi più avanti nel film con un esilarante effetto comico); originale perché il tema del lager interpretato come un gioco a punti per preservare il bambino dagli orrori nazisti salva il film dal patetismo e dalla convenzionalità (per quanto moralmente giustificata) di tanto cinema dell'Olocausto (e il discorso può essere trasferito agevolmente all'esposizione odierna dei bambini alla violenza televisiva, con una valenza sociologica non irrilevante).
Se da una parte non mancano alcune concessioni al pubblico (il commovente incontro finale di Giosué con la madre sopravvissuta), dall'altra bisogna dire che Benigni non cerca il facile e scontato happy end (tanto è vero che Guido muore senza riuscire a rivedere la moglie, tristissima dimostrazione di impotenza per un personaggio che nella prima parte ci aveva abituati ai "miracoli"). Non bisogna certo esagerare l'importanza di "La vita è bella", che da un punto di vista puramente cinematografico non è un capolavoro, ma, pur con i limiti che vi si possono trovare, non faccio fatica a dire che il film di Benigni non sfigura affatto, per fare un solo esempio, neppure di fronte al kolossal spielberghiano "Schindler's list".