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VA' E VEDI regia di Elem Klimov

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Zazzauser     10 / 10  24/02/2021 00:36:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Avevo letto e riletto il libro I Am from The Fiery Village, che consisteva in racconti di prima mano di persone che miracolosamente sopravvissero agli orrori del genocidio fascista in Bielorussia. Molti di loro erano ancora vivi allora e i bielorussi sono riusciti a registrare alcuni dei loro ricordi su pellicola. Non dimenticherò mai il volto e gli occhi di un contadino, il suo racconto tranquillo, pacato, di come tutto il suo villaggio era stato ammassato in una chiesa e di come appena prima che stessero per essere bruciati, un ufficiale abbia fatto loro un'offerta: "Chi non ha bambini può uscire". E lui non ce la fece, se ne andò, lasciò dentro la moglie e i bambini piccoli. O di come un altro villaggio fu bruciato, gli adulti furono tutti ammassati in una stalla, ma i bambini furono lasciati indietro. E più tardi, i gerarchi ubriachi li circondarono con cani da pastore e lasciarono che i cani li facessero a pezzi.
Poi ho pensato: il mondo non sa di Khatyn! Sanno di Katyn, del massacro degli ufficiali polacchi. Ma non sanno della Bielorussia."

Il viaggio allucinato di un ragazzino fra pianure desolate e nebbiose cariche di morte, tragedia e disperazione. L'esaltazione della chiamata alle armi, l'eroismo, l'afflato patriottico completamente annichilite dalla visione dell'Inferno in Terra. L'attraversamento di uno Stige putrido di fango e melma, in un delirio fatto di negazione della tragedia, l'approdo definitivo alla follia. Non c'e spazio per l'amore per una ragazza, brutalmente stuprata, ridotta all'ombra di sé stessa, non c'e spazio per l'idealismo della lotta partigiana. Tutto viene distrutto, da un momento all'altro, senza preavviso, senza lasciare traccia ne' memoria. La faccia si spegne, gli occhi si svuotano, i capelli si ingrigiscono, sembra che settant'anni siano passati in una sola giornata sulla faccia in primissimo piano di un Kravchenko devastato. Uno slow loris si aggrappa alla spalla di un gerarca nazista. Vuole solo grattini sul ventre. L'occhio convulso di una mucca, di Eizensteinjana memoria, da' gli ultimi spasmi prima di spirare sotto i traccianti dell'artiglieria nemica. Il passo sospeso di una cicogna si muove circospetto, non porta alcun futuro ne' alcuna speranza, e' stato Flyora - o forse la Guerra stessa - a calpestarne e ucciderne i cuccioli.

Non rimane che accanirsi sulle immagini, sui simulacri dei colpevoli, del Colpevole Supremo. Riversare il proprio odio, il proprio disprezzo, su uno spaventapasseri fatto di fango, su un'immagine crivellata da decine di colpi di fucile. L'illusione e' di sconfiggerlo, l'allucinazione di riavvolgere il nastro per impedire dal principio che commetta le sue carneficine. Il diavolo e' molto, molto più brutto di come lo si dipinge. Riduce l'uomo in bestia. Ma l'ultimo scampolo di umanitá, quello no, non e' riuscito a portarlo via alle sue prede. Neanche se per un attimo, nella realta' o nell'immaginazione, esse sono diventate predatori.

Va' e' vedi e' sicuramente il film piu' brutale e sconvolgente che abbia visto sugli orrori perpetrati dalle truppe naziste durante la Seconda Guerra Mondiale. Un film-documento, un film-testimonianza di una forza e di un'importanza incredibile sulle poco conosciute atrocita' commesse dalla brigata Dirlewanger durante l'occupazione bielorussa.
L'impatto visivo, l'uso del sonoro, l'iperrealismo della lunga sequenza di attacco al villaggio, commistionate al sognante surrealismo della quiete prima della tempesta (di bombe), sono il marchio del capolavoro. Un pazzesco canto del cigno di Klimov, combattuto per otto lunghi anni fra la censura sovietica e la morte improvvisa della moglie Larisa Shepitko, che lo spinsero a voler prima completare il suo film L'Addio.
Dopo quello, piu' niente: "Credo di aver ormai gia' fatto tutto cio' che mi e' stato possibile fare".