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LA STRANA AVVENTURA DI MABEL regia di Henry Lehrman, Mack Sennett

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amterme63     6 / 10  23/09/2008 23:00:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nel 1914 il cinema non aveva ancora 20 anni di vita. La sua apparizione ebbe lo stesso effetto di internet negli anni Novanta: un successo immediato e uno sviluppo impetuoso. In pochissimo tempo si diffuse in tutto il mondo e diventò lo spettacolo preferito dalle masse. Tutti si buttarono a capofitto in questa nuova forma di intrattenimento, che si rivelò molto redditizia. Si filmava di tutto, bastava che attirasse il maggior numero di spettatori. A parte poche eccezioni, si imitava il peggio dello spettacolo teatrale o del romanzo di appendice. Le recitazioni erano enfatiche e le tecniche rudimentali, ma la gente amava questo spettacolo che accendeva la fantasia o toccava forte i sentimenti.

Chi andava al cinema, allora, assisteva ad una serie di 8-10 spezzoni filmati di vario genere, della durata ciascuno di circa 10-15 minuti. Ovviamente non poteva mancare il pezzo comico. Fra quelli che avevano maggiore successo c’erano i cortometraggi diretti da Mack Sennett della Keystone. Aveva avuto la felice intuizione di mettere su una specie di fabbrica di comiche vicino a Los Angeles. Le riprese di un pezzo duravano da 1 a un massimo di 7 giorni. Ogni settimana ne venivano sfornati da 3 a 5. Si cercava insomma di sfruttare al massimo il mercato con la quantità e la velocità di produzione. Le comiche stesse erano piuttosto dozzinali e consistevano più che altro in botte, ruzzoloni e inseguimenti (il cosiddetto stile slapstick). Il montaggio era dir poco convulso. Le scene si susseguivano in maniera frenetica e l’azione era molto spezzettata. Non esisteva una vera storia e i personaggi erano semplici macchiette grottesche. Del resto tutto si basava sull’improvvisazione e sull’estro del regista nel momento in cui girava. Queste comiche ora sono inguardabili, ma allora piacevano e meravigliavano soprattutto per la vivacità, il movimento e la fisicità dei gesti. Da quel poco di società che viene dipinta, ne viene fuori un mondo elementare e cinico. Le corna matrimoniali sono diffusissime, le donne cedono subito al primo arrivato e non si risparmia loro nemmeno le botte.

Questo è il tipo di cinema che vide Chaplin nel Gennaio del 1914, in un polveroso e anonimo quartiere di Los Angeles. Si accorse che il suo modo di recitare non si adattava a questi metodi spicci e superficiali. Non si dette però per vinto e decise di combattere la sua battaglia per dare un’impronta nuova al modo di creare una comica. Dava continui suggerimenti al regista, inventava nuove gag, ma non faceva altro che attirarsi antipatia e le sue invenzioni finivano per essere regolarmente tagliate. La svolta avvenne però dopo poche settimane, quando Sennett gli chiese di inventare qualcosa da inserire in uno sketch ambientato nella hall di un albergo di lusso (Mabel’s Strange Predicament. La strana avventura di Mabel). Fu così che nacque quasi per caso un personaggio destinato all’immortalità come le maschere di Pulcinella, Arlecchino e Pierrot. Ecco che nella hall dell’albergo irrompe un omino ridicolo, malvestito, cencioso ma fiero e baldanzoso. Viene squadrato da una ricca signora, ma lui come se nulla fosse alza il cappello e rotea il bastone. Per nulla intimorito dall’ambiente non in sintonia con il suo abbigliamento, continua imperterrito a combinare pasticci. Lo stile è sempre quello delle comiche frenetiche e movimentate, ma salta subito all’occhio l’invenzione di un personaggio dotato di una personalità e soprattutto ben connotato socialmente.

Nella creazione di questa figura, Chaplin ha senz’altro reso oggettivo il mondo delle periferie povere in cui aveva vissuto fino a pochi anni prima. Questo è stato però il punto di partenza, perché in questo personaggio, col tempo, Chaplin ci ha messo tutte le sue fantasie, le sue idee, le sue visioni della vita e ne ha fatto quasi un alter ego: “.. mi infiammava di idee folli di tutti i generi che non avrei mai avuto se non mi fossi messo il suo costume e la sua truccatura”. Dal punto di vista storico rappresenta la prima entrata da protagonista del “quarto stato” nel cinema. Prima che il neorealismo italiano facesse entrare dalla porta principale la povera gente comune nell’arte cinematografica, Chaplin gli aveva già aperto una porta di servizio. Anche se attraverso la lente deformante del comico e del grottesco, la realtà entra con tutte le sue ingiustizie e le sue storture.
Il pubblico che guardava le comiche di Chaplin era per lo più la grande massa di gente che non nuotava nell’oro. Era naturale che prendesse in simpatia quest’omino in mal arnese, ma che non si vergognava davanti a nessuno e che anzi cercava rispetto. Grazie anche all’ingegno e all’agilità riusciva persino a cavarsela e comunque non si rassegnava mai. In Italia questo personaggio è noto con il nome francese che venne coniato nel 1915, Charlot, in realtà non ha nome, è semplicemente the tramp, “il vagabondo”. Con il suo fare un po’ anarcoide rappresenta appieno lo spirito di tanta gente umile di inizio Novecento, che comincia a prendere coscienza di sé e a far notare la propria presenza.
Invia una mail all'autore del commento Enzo001  23/09/2008 23:06:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
wow complimentissimi
non sono molto preparato su chaplin, ma comunque complimenti.


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