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NELLA VALLE DI ELAH regia di Paul Haggis

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amterme63     8 / 10  02/12/2007 23:24:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fino a che gli Stati Uniti saranno i “padroni del mondo”, i loro problemi morali, politici, le loro inquietudini ideologiche saranno uno dei temi più seguiti nel cinema mondiale. Haggis, canadese, riesce a rendere bene l’attuale dilemma che attanaglia l’opinione pubblica americana; cioè il timore di avere perso i propri valori fondanti proprio nel momento in cui li si voleva esportare. Lo fa impiegando al meglio le tecniche tradizionali del cinema americano: trama lineare, coinvolgente, che si dipana con colpi di scena; caratteri forti, esemplari, in contrasto fra di loro, che si fronteggiano ma che intimamente si apprezzano e che arrivano a una specie di sintesi; denuncia delle storture ma fiducia in un possibile raddrizzamento grazie alla tenacia e all’animo nobile e sentimentale di pochi idealisti; punto fermo nell’unità di tutti simboleggiato dalla bandiera.
Lo spettatore viene quindi fatto entrare nell’animo dei protagonisti/eroi, viene spinto a capirne l’ideologia e a partecipare ai loro travagli. Uno, l’anziano Hank, vede piano piano smentite nei fatti le sue idee “repubblicane” su patriottismo e forza: non hanno prodotto soldati/messaggeri rispettosi degli altri e orgogliosi di esportare valori nobili e umani; ne sono venuti fuori dei sadici sanguinari, delle belve disumane e perverse, ubriacate dal potere e dal loro senso di superiorità. Per Hank è una specie di “crash” psicologico, che però non gli fa perdere le speranze, l’America può ancora ravvedersi, con umiltà ce la può ancora fare.
L’altro protagonista è l’ispettrice Emily, l’idealista “democratica”, sensibile e coscienziosa, piena di nobili sentimenti, ma mancante della forza, della tenacia e della scaltrezza di Hank. In compenso è più umana e più compresiva della psiche degli altri. E’ lei che alla fine riesce a intuire l’orribile verità dietro qualunque apparenza. Finché c’è gente come lei, gli Stati Uniti si possono salvare dalla loro inerzia burocratica e dalla pigrizia mentale. Hank e Emily riescono a imparare qualcosa l’uno dall’altra e permettono di indicare una via di mezzo da potere mostrare come via d’uscita allo spettatore: una speranza che rimedi agli orrori e alle brutture mostrate.
Il carattere che mi ha colpito di più, quello più vero e umano, è Joan, la madre, interpretato superbamente da Susan Sarandon. Sono stati il suo pianto, il suo sguardo inceneritore in occasione delle condoglianze che mi hanno colpito e commosso. Proprio perché non si è voluto fare di lei un carattere esemplare o rappresentativo, lo ha preservato puro e intenso. Il dolore vero, quello più profondo e sentito è certamente il suo e lei non dà alcuna risposta o soddisfazione allo spettatore.
Uscendo dal cinema mi sono chiesto quando finalmente si smetterà di fare film su sempre nuove guerre. Non è bastato il Vietnam, ci voleva anche l’Iraq?
Marco Iafrate  03/12/2007 16:31:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La risposta alla tua domanda risiede nella prima riga del tuo commento.
Non ho ancora visto questo film temendo il solito prodotto americano stereotipato (sul genere del tuo "protagonisti/eroi" per intenderci), ma visto che mi trovo sempre d'accordo con quello che scrivi e sia il voto che il resto del commento mi fa pensare ad un bel lavoro, penso che cambierò volentieri idea. Ti farò sapere. Ciao.
amterme63  03/12/2007 19:34:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un prodotto certamente "americano", ma fatto comunque molto bene. C'è un po' di retorica ma non ha mai il sopravvento sulla verità umana dei personaggi. Aspetto il tuo commento.