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NELLA VALLE DI ELAH regia di Paul Haggis

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kafka62     7½ / 10  18/04/2018 10:59:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'Iraq ha buone probabilità di diventare per il cinema americano dei primi anni del nuovo millennio ciò che il Vietnam è stato per quello degli anni settanta. Ebbene, "Nella valle di Elah" verrà forse ricordato come il primo "classico" di questo ennesimo sottogenere hollywoodiano, anche se della guerra irachena tutto sommato fa vedere solo delle immagini rovinate riprese con un cellulare. Eppure il conflitto voluto dall'amministrazione Bush impregna di sé tutto il film, il quale parte come un poliziesco qualsiasi (chi ha ucciso Mike Deerfield, un soldato appena rientrato dall'Iraq, il cui corpo è stato trovato smembrato nella periferia losangelina?), ma ben presto si rivela per quello che realmente è: una riflessione sulle conseguenze e i traumi che la guerra provoca su una generazione di giovani che, come il piccolo Davide suggerito dal titolo (la valle di Elah è il luogo dove, secondo la Bibbia, fu ucciso Golia), si trovano ad affrontare cose troppo più grandi di loro. Mike e i suoi commilitoni sono come il Nick de "Il cacciatore", talmente sconvolti dall'esposizione quotidiana alla violenza (che come la droga che sono costretti ad assumere per riuscire a resistere e sopravvivere fa loro perdere ogni parvenza di umanità e di senso morale) da essere trasformati in veri e propri zombi capaci di uccidere senza neanche sapere il perché. La rivelazione per il padre che tenacemente, aiutato da una poliziotta con un forte senso del dovere professionale, cerca di svelare il mistero sulla morte di Mike è terrificante: ad assassinarlo in maniera così animalesca non sono state bande criminali messicane, ma i suoi stessi amici, e per nulla più che una banale lite di strada, come automi che si sono definitivamente lasciati alle spalle ogni più elementare coscienza di dove si collochi il confine tra il bene e il male per poter provare orrore per ciò che hanno fatto, emblemi di una inguaribile anoressia dei sentimenti (non è un caso che il soldato Ortis esprima la sua sensazione con le stesse parole del capitano Willard in "Apocalypse now": "quando ero in Iraq non vedevo l'ora di tornare a casa, ora, dopo solo due settimane di licenza, vorrei essere di nuovo lì"). Haggis non ripete l'exploit di "Crash" ma è ugualmente molto bravo nel raccontare questa storia tragica con toni di asciutta commozione e dignitosa compostezza, scegliendo di condensare la morale del film con un'immagine emblematica, quella della bandiera americana (se si ricorda "Flags of our fathers", di cui era lo sceneggiatore, si può capire la sua fortissima valenza simbolica) che Hank Deerfield, il protagonista del film (un militare in pensione cresciuto con l'etica patriottica del soldato cucita – si può dire – sulla faccia) fa sventolare all'incontrario nell'ultima emozionante sequenza.