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LA RAGAZZA CHE SAPEVA TROPPO regia di Mario Bava

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Alpagueur     7 / 10  19/12/2020 16:29:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una ragazza americana in visita di piacere in Italia si mette ad indagare su alcuni omicidi in cui è rimasta implicata senza volerlo e riesce a scoprirne l'autore. Se siete appassionati di gialli all'italiana vi sarete imbattuti prima o poi in quei film in cui l'assassino compie una serie di delitti per mascherarne uno solo (quello vero, motivato) che di solito è il terzo o quarto ("Giornata nera per l'ariete", "Una farfalla con le ali insanguinate", "Solamente nero", "Sette orchidee macchiate di rosso" etc.) oppure in cui il killer approfitta di una serie di omicidi per incastrare il suo e far ricadere la colpa sul serial killer (per es. "Lo strano vizio della signora Wardh")...bene, questo è il capostipite, in ordine temporale li sdogana tutti. Ma a sua volta questo modus operandi del film di Bava prende spunto dal famoso romanzo di Agatha Christie "La serie infernale" (The ABC Murders) del 1936, con tanto di iniziali dell'alfabeto, da cui sarà tratto poi l'omonimo film con John Malkovich (nelle vesti di Hercule Poirot). Questa doverosa premessa andava fatta, perchè, a dispetto del titolo, che sembra apparentemente avvicinarlo molto al film di Hitchcock quasi omonimo ("L'uomo che sapeva troppo"), del 1956, il film di Mario Bava ha uno sviluppo completamente diverso e prende da subito la strada del romanzo che ha per protagonista il più celebre investigatore belga dei romanzi gialli. Nora Davis arriva a Roma da New York e inizia subito ad avere una giornata davvero brutta. Il tizio che l'ha approcciata sull'aereo offrendole una sigaretta stava contrabbandando droga, la zia che avrebbe dovuto ospitarla muore di infarto quella notte e poco dopo viene aggredita a Piazza di Spagna. Non solo, ma mentre vacilla con la testa dolorante dopo essere stata scippata, pensa di vedere una donna che viene pugnalata alla schiena da un tizio! L'unica cosa buona che è successa è stata che ha incontrato Marcello Bassi, un giovane e muscoloso dottore interpretato da John Saxon. Saxon fa tutto il possibile per aiutare Nora ad arrivare in fondo al mistero (non ci sono corpi e nessuno le crede) ma penso che Marcello stesse solo cercando di entrare nelle sue mutande. Nora si trasferisce in un appartamento vicino a Piazza di Spagna a casa di Laura Craven-Torrani e Bava ci fa capire subito che questa è una brutta mossa facendo scorrere la telecamera verso una misteriosa porta chiusa prima che Nora se ne accorga, poi un'immagine incorniciata dell'uomo che Nora pensava di aver notato durante l'omicidio. Wow! Bava lo fa molto durante questo film, e ad essere onesti è per questo che sono un tale fan del suo lavoro. Ogni parte di questo film è ben costruita, dalla scena in cui Nora è attratta da un appartamento dove le lampadine nude ondeggiano al vento di una finestra aperta mentre una voce invisibile parla e schernisce Nora, all'uso delle ombre anche nelle scene più di routine (come alla tipografia, dove una semplice sequenza di 'tracciamento' di uno dei personaggi, l'ex cronista Landini, diventa una bella rappresentazione di ombre su tessuto). L'unica cosa che non funziona è parte della commedia, anche se è divertente che Saxon si ritrovi con vari infortuni (come l'indice fratturato) mentre il film va avanti. La mia scena preferita è quando Nora fa visita a qualcun altro che indaga sugli omicidi (Andrea Landini), e dall'esterno dell'appartamento sente il martellare di una macchina da scrivere. Dopo aver tentato di convincere la persona ad aprire la porta, la trova aperta e la telecamera fa una panoramica della stanza...su una macchina da scrivere in disuso...poi su un registratore che riproduce il suono di qualcuno che sta digitando. Mi piace quando Bava lo fa e lo porta all'estremo nei film successivi. Questo vecchio giallo (storicamente significativo perché è uno dei primi gialli) non ebbe molto successo e bisognerà aspettare fino al successo internazionale de "L'uccello dalle piume di cristallo" di Dario Argento per lanciare il genere in overdrive. Va notato infine che in questo lavoro Bava usa il contrasto tra accenni chiari e scuri con la stessa consapevolezza con cui Michelangelo Merisi da Caravaggio ha vissuto la pittura, quella di un visionario, che con la sua interpretazione della tecnica del chiaroscuro e dei suoi sapienti giochi di luce, ha anticipato l'uso della luce usata oggi per gli effetti speciali nelle produzioni fotografiche e cinematografiche. I due elementi della pittura di Caravaggio sono la luce e il buio. Il contrasto tra luce e oscurità non crea dissonanza, piuttosto i due elementi opposti si complementano, mettendo in evidenza un fatto importante: la luce diventa protagonista del messaggio del pittore. Lo sfondo non esiste più. Ci troviamo davanti a un chiaroscuro enigmatico e inquietante che sollecita l'anima. E Mario Bava sembra averlo assimilato davvero bene e ci vuole riportare indietro nel tempo di 400 anni fino al XVI secolo, in quelle stesse vie di Roma.

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