Alpagueur 7 / 10 29/10/2020 09:16:27 » Rispondi Chiunque abbia mai visto "Mio caro assassino" (alias "My dear killer") converrà con me molto probabilmente si tratta di uno gialli con la trama più contorta in assoluto, che quindi merita un'analisi approfondita, per capire dove perde e dove invece guadagna. Il regista Tonino Valerii è meglio conosciuto per i suoi grandi western, come "I Giorni Dell'Ira" (alias "Day Of Anger" 1967), "Il prezzo del potere" (alias "The price of power", 1969) e il comico western "Il mio nome è Nessuno" (alias "My name is nobody", 1973). Film come questi fanno di Valerii il regista più memorabile del western italiano oltre ai tre Sergi (Sergio Leone, Sergio Corbucci e Sergio Sollima). Ma Valerii, che è stato anche assistente alla regia di Sergio Leone per "Per un pugno di dollari" e "Per pochi dollari in più", non è solo un grande regista occidentale. "Mio caro assassino" è un giallo molto intrigante, dove i continui colpi di scena rendono l'esperienza visiva allettante e assolutamente imprevedibile, che nessun amante del giallo/horror italiano dovrebbe perdersi. Tuttavia, il plot non offre un intrattenimento occasionale: l'eccezionale complessità di questo film richiede che lo spettatore si concentri sulla trama. Posso assicurare, tuttavia, che nessun fan del filone spaghetti-giallo si pentirà di essersi concentrato su questo film, che è stupefacente ed eccellente sotto molti aspetti, ma che purtroppo paga dazio in diversi altri ,e si tratta di buchi di sceneggiatura piuttosto gravi (e non mi riferisco al solito assassino che riesce ad intrufolarsi preventivamente nella casa della solita vittima di turno), dei quali parlerò nel dettaglio negli spoiler sotto. Il commissario Luca Peretti (George Hilton) sta indagando su una serie di omicidi che è in qualche modo collegata al rapimento di una bambina e ad un orribile crimine avvenuto un anno prima, addentrandosi sempre più nel mistero...come i fan di giallo apprezzeranno, il bilancio del numero di vittime aumenta costantemente (alla fine saranno 7), e i colpi di scena e il numero dei sospetti rende quasi impossibile indovinare chi sia l'assassino prima del finale. Questo film beneficia di un'ottima fotografia, con l'atmosfera tipica del buon giallo dei primi anni '70, e i tanti colpi di scena sono molto elaborati. George Hilton, il protagonista, è eccezionale nel suo ruolo di ispettore investigativo. Il cast comprende inoltre grandi clienti abituali del cinema di genere italiano come Piero Lulli e William Berger, e anche tutte le altre interpretazioni sono molto buone (Patty Shepard, Marilù Tolo, Helga Line, Corrado Gaipa, Dana Ghia). Questo potrebbe non essere così intriso di sangue come altri gialli dell'epoca (Sergio Martino o la maggior parte dei film di Dario Argento), ma la scelta esotica delle armi dei delitti dovrebbe renderlo abbastanza interessante per i segugi là fuori (ma non tutti apprezzeranno questa grande varietà…). L'obiettivo principale del film è la trama complessa, ma gli omicidi sono rappresentati in modo violento e molto elegante. Nientemeno il maestro Ennio Morricone offre una ottima colonna sonora, il cui clou è una canzone sussurrata a tema di ninna nanna eccezionalmente inquietante (che ricalca abbastanza quella dell'uccello dalle piume dei cristallo argentiano). Mentre alcuni gialli fino ad allora avevano seguito un'ambientazione più urbana ("Sette orchidee macchiate di rosso", "Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?", L'uccello dalle piume di cristallo", "Quattro mosche di velluto grigio", "Il gatto a 9 code", "Giornata nera per l'ariete"), altri sono stati ambientati nella campagna rurale ("Non si sevizia un paperino", "La casa dalle finestre che ridono"), e di questa ultima categoria fa parte "Mio caro assassino". A dire il vero io preferisco il contesto urbano per un'ambientazione misteriosa, ma non importa perché comunque è sempre la trama più importante dell'ambientazione. Inoltre c'è da dire che in una scena compare una ragazza in età prepuberale, completamente nuda, che nulla poteva aggiungere alla storia (se non quella di far convergere forzatamente i sospetti sullo scultore per il quale posava). Non c'è motivo di mettere un undicenne o dodicenne nudo in nessun film. Mai! (l'unico scopo potrebbe essere quello di shockare lo spettatore, assieme alla tristissima storia che vede protagonista la bambina sequestrata) I personaggi squallidi/viscidi e/o fuori di testa sono ritratti casualmente, quindi l'identità del colpevole lascia piuttosto freddi, nonostante un epilogo ben gestito. Il regista Tonino Valerii tenta di compensare la sua narrativa troppo elaborata incorporando una sfilza di classici clichè del giallo: un killer guantato di nero, musica ossessiva, disegni di bambini, numerose morti meschine e un'infarinatura di nudità in topless di un paio di ragazze, più uno scatto gratuito e piuttosto controverso garantito per fare sollevare qualche sopracciglio (leggere poco sopra). Il risultato è ancora un po' faticoso, ma almeno ci sono alcuni momenti che dovrebbero accontentare i fan accaniti del genere. Questo film è stato scritto da Roberto Leoni, che ha scritto anche "Casablanca Express" di Sergio Martino e "Santa Sangre" di Alejandro Jodoworsky. Il finale di tutta questa opera sembra più alla Agatha Christie (Hercule Poirot, Miss Marple…) che alla Dario Argento, ma va bene. È certamente una sensazione diversa per il genere. Tenete presente che quanto sopra riportato è solo una descrizione molto vaga della trama, poiché un riepilogo più dettagliato coprirebbe diverse pagine. Ok fin qui sono stati accennati tutti gli aspetti positivi del film. Ora passiamo a quelli negativi, che lo penalizzano nei confronti di altri gialli più blasonati e/o conosciuti. Incongruenza n. 1: fate attenzione agli escavatori pericolosi e ai macchinisti che li manovrano (3° e 4° delitto).
"Mio caro assassino" (questa è la frase con cui Peretti si rivolge al killer nella riunione finale) si apre con un'esilarante scena di decapitazione, la vittima (l'investigatore assicurativo che stava indagando sul sequesto di Alessandro e Stefania Moroni) viene afferrata dalla benna di una draga meccanica (JCB) e sollevata in aria, con la testa che alla fine si stacca dopo mille contorsioni. È un modo estremamente singolare per avviare il processo, ma poi la trama prende il via e le cose iniziano a trascinarsi. Numerosi personaggi sfuggenti e una trama eccessivamente complessa rendono "My dear killer" più un compito ingrato di molti gialli,; di conseguenza, noia e confusione non sono mai lontane, in agguato nell'ombra pronte a balzare sugli spettatori incauti (cioè quelli che non vogliono o non riescono ad approfondire la sceneggiatura). Il macchinista/manovratore del JCB (la stessa persona che poi verrà ritrovata impiccata) non poteva certo essere l'assassino (si vede chiaramente la sua mano destra, senza guanto, azionare la leva dell'escavatore meccanico) quindi perchè ha dovuto uccidere l'investigatore Umberto Paradisi ? per essere poi ucciso a sua volta? O è stato forse pagato dall'assassino per commettere il delitto col mezzo meccanico? a che pro nel caso, per poi finire in carcere o finto suicida come in realtà è accaduto? Mi sfugge questa dinamica…allora ho pensato che in realtà il manovratore fosse Giorgio Canavese in persona (Il fratello della moglie di Alessandro Moroni, il ricco industriale sequestrato assieme alla figlioletta), il quale avesse concordato l'affitto del mezzo e dell'operaio con Paradisi per dragare il pantano quel giorno, per poi uccidere il suo operaio (d'accordo con Oliviero Moroni, il killer nonché fratello di Alessandro) e far ricadere i sospetti su di lui chiudendo la "pratica" con quel finto suicidio per impiccagione. Ma anche così non si spiega perché alla fine venga arrestato solo Oliviero! E lui non parli del complice. Ma spiega come abbia fatto Giorgio a mettere su in pochi mesi una grande azienda come quella ('Interfrigo, trasporti internazionali'), con parte dei soldi totali del riscatto (100 milioni). Questo spiegherebbe anche perché quando il commissario gli chiede dove si trovava all'alba del 7 giugno, giorno in cui furono uccisi il Paradisi e il macchinista, lui non si ricordi e consultando la sua agenda di lavoro la pagina relativa a quel giorno sia vuota. Inoltre a un certo punto, nell'ufficio di Canavese, mentre parla con lui Peretti guarda fuori dalla finestra e scorge un braccio meccanico con la doppia benna che sollevava una grande cassa di legno, di colore giallo paglierino, identica in tutto e per tutto a quello che aveva decapitato il detective dell'assicurazione Paradisi. Quindi Giorgio era comunque in affari con la società che affittava quegli escavatori e poteva avere facilmente accesso alla manovalanza.
Incongruenza n. 2: state attenti a non avere nessuno alle spalle quando aprite una casella postale (5° delitto).
Quando la moglie di Umberto Paradisi scopre, nella cassetta postale del marito, il foglio strappato a quadretti del quaderno di Stefania col disegno del fatiscente caseggiato dove dimorava il barbone Mattia, viene subito assalita dall'assassino che la strangolerà col fazzoletto che la donna portava avvolto sul capo. Ma è una dinamica impossibile, dal momento che al posto della mano destra aveva un moncherino, quindi era impossibilitato a stringere con forza il fazzoletto. La donna d'altronde non reagisce minimamente (per dare una certa credibilità a questa scarsa forza)… ma noi sappiamo bene ("Il delitto perfetto" di Hitchcock docet) che se c'è un modo rischioso per uccidere una persona è proprio lo strangolamento, per giunta lei è riuscita durante la colluttazione a stargli di fronte quindi avrebbe potuto tranquillamente sfregiarlo o cavargli gli occhi. Altro dettaglio CLAMOROSO: quando l'assassino le strappa via il foglio dalla mano destra (con la sua sinistra), si vede chiaramente che quello che rimane in mano alla donna è un pezzo piccolissimo (l'angolo in basso a sinistra con stampato il nome della scuola di Stefania), perché l'assassino logicamente si porta via il grosso, ma nella successiva immagine, ecco che il grosso della busta arancione sta nella mano della donna, ed è lo stesso foglio a quadretti col disegno del caseggiato tra due alberi che verrà inserito nel proiettore dell'ufficio alla centrale di polizia da Peretti. Quindi in nessun modo la donna avrebbe potuto conservare la porzione più grande del foglio e Peretti visionarla e risalire al luogo dei primi due delitti. Altra caduta di tono: il delitto viene commesso in pieno giorno e in un luogo affollato , con testimoni che hanno assistito alla scena (ognuno di loro darà una descrizione diversa del killer…c'è chi lo ha visto come alto e con un soprabito scuro, un'altra basso tarchiato con occhiali scuri e un impermeabile, un altro ancora un giovanottone calvo senza occhiali). Non è la prima volta che assistiamo ad un omicidio in pieno giorno (vi ricordate quello famoso di "Tenebre"? Bullmer viene ucciso dall'amico, dopo essersi alzato dalla panchina nella piazza, ma la dinamica è ben diversa…l'assassino nasconde un coltello e lo tira fuori solo all'ultimo momento per piantarglielo in pancia, non c'è certo il tempo di una colluttazione, inoltre standogli davanti entrambi i piedi si poteva mascherare benissimo, ma qui si tratta di uno strangolamento, durato ben più di una manciata di secondi…perché correre quel rischio non usando un coltello?) Solo un assassino idiota non si sarebbe accorto di avere tra le mani solo un piccolo angolo del foglio con sovrascritto parte del nome di una scuola. Perché è proprio quello il pezzettino che manca al foglio col disegno[ e dal quale Peretti risalirà al nome della scuola. Che grave carenza di sceneggiatura qua…siamo ai livelli di "Solamente nero", quando la ragazza nell'incipit fa volare il breviario riuscendo a strappare contemporaneamente 3 pagine dallo stesso, strette a pugno nella mano, che poi incastreranno l'assassino. Se l'assassino aveva così tanta fretta di scappare (si dimentica il pezzo di foglio stretto nella mano della vittima) perché decide di strangolarla? (un metodo pericoloso e lungo come tempi di esecuzione, tra l'altro una estremità del fazzoletto non poteva certo essere assicurata solidamente con una mano finta con le dita piegate in quelle condizioni a mo' di becco d'aquila, condizione necessaria per poter stringere un collo allargando le braccia)
Incongruenza n. 3: attenzione a lasciare in giro per casa seghe circolari [6° delitto]
Assieme alla dolce melodia sospirata di Morricone (e diretta da Bruno Nicolai), il macabro omicidio della maestra elementare di Stefania e l'unico richiamo "argentiano" del film. Non solo per l'efferatezza (l'attrezzo non è stato scelto con cura però, perché la lama è smussata e si nota chiaramente che è ricoperta di sangue già prima che inizi a girare), ma anche per la soggettiva del killer…che si sposta in diverse parti della casa alla ricerca di un qualcosa con cui uccidere la donna..ma lui aveva già con se appresso la statuetta (rubata dal fratello Beniamino, lo scultore) come arma contundente, infatti alla fine le da una randellata violenta in testa, ma allora perché usare preventivamente la sega circolare, sfregiandole prima la schiena e poi una coscia? Argento ci insegna che il corpo contundente, qualsiasi esso sia, è già di per se più che sufficiente per garantire un certo shock emotivo allo spettatore…vedere la dinamica dell'omicidio di Carlo Marosi nelle quattro mosche o di quello del professor Giordani in profondo rosso per credere…prima si colpisce la vittima alla testa, per stordirla, farle uscire la bava alla bocca spaccargli i denti etc. poi si usa il pugnale o il fil di ferro per finirla. Non si fa il contrario. Ma il difetto più grave è un altro: quando, verso la fine del primo tempo, la maestra gli apre la porta sorridente, perché lo conosceva già, l'attore che interpreta l'assassino non è mai stato mostrato prima, nemmeno per un secondo di tutto il primo tempo, mai! L'attore che interpreta l'assassino (Tullio Valli) farà la sua prima apparizione nel film soltanto all'inizio del secondo tempo, questo vanifica di fatto tutto il 'pathos' dell'ottima scena dell'omicidio della maestra di Stefania, con la soggettiva (point of view) del killer che guarda in diversi punti della casa alla ricerca della sega circolare, riposta in un angolo sopra un tavolo (ci indugia per 2 volte con lo sguardo, l'effetto è molto buono)... lei gli apre sorridendo perchè lo conosce e si fida di lui, lo spettatore pensa quindi di riflesso che debba indirizzare i suoi sospetti verso un soggetto già inquadrato durante la prima parte del film, in realtà lo vedrà solo nel secondo tempo (ovviamente verrà smascherato solo alla fine). Il delitto è molto efferato (prima una passata di sega sulla schiena, poi sulla coscia destra, entrambe ferite profonde, poi corpo contundente sulla testa), l'unico che si avvicina un po' ai canoni "argentiani", ma come dicevo poco sopra, da un punto di vista della sceneggiatura sarebbe stato preferibile incastrare questo delitto solo DOPO aver presentato allo spettatore la figura dell'assassino, almeno una volta, anche attraverso una rapida, insignificante e una fugace inquadratura...per dargli la possibilità almeno di metterlo nella lista dei potenziali sospetti (contiamo anche che la maestra elementare è stata la quarta vittima in ordine di tempo ad essere uccisa, e la seconda dopo l'inizio delle indagini della polizia). Invece così si fanno castelli in aria inutili.
Ora che abbiamo parlato dettagliatamente dell'arma, mancano l'ora e il movente. Incongruenza n. 4: attenzione a lasciare in giro scomodi testimoni (1° e 7° delitto).
Mattia, il barbone, viene ucciso in quanto anche lui potenziale testimone dell'identità dell'assassino, il modus operandi è ancora una volta la randellata in testa con la stessa statuetta utilizzata per finire la maestra di Stefania, e Alessandro. Praticamente l'assassino sta cercando l'oggetto che sa che lo inchioda, ma non sa di cosa si tratti (lo scoprirà solo dopo aver compiuto tutti i suoi delitti). I veri unici delitti premeditati sono stati quelli del fratello Alessandro e della nipote Stefania…non avrebbe potuto lasciarli liberi in quanto lo avrebbero denunciato. Ed ecco che allora elimina di volta in volta quelli che si stanno avvicinando, direttamente o indirettamente, alla verità (il Paradisi, sua moglie, il manovratore della benna, la maestra, Mattia…solo la fidanzata di Mattia, Adele, riuscirà a sfuggirgli per il rotto della cuffia), dopo essere inconsapevolmente entrata in possesso dell'oggetto della discordia (lo specchio tondo). Alcuni di questi omicidi, come quello di Paradisi e di sua moglie, sono avvenuti in pieno giorno; altri, come quelli della maestra e del barbone, di notte; altri infine, come quelli del macchinista e del fratello Alessandro, non si sa; ricapitolando, Oliviero quindi ha un modus operandi davvero strano…uccide sia di giorno che di notte, usando le armi più disparate, e andando per tentativi…arrivando pesino a pagare una forte somma all'investigatore Paradisi (che aveva capito tutto da subito e aveva deciso così di licenziarsi dall'agenzia assicurativa per la quale lavorava e che voleva vederci bene fino in fondo sul sequestro Moroni prima di sborsare il forte indennizzo, per poi ricattare i familiari, assassino compreso, vendendo loro i risultati della sua indagine personale) pur di capire cosa aveva scoperto e poter entrare in possesso dell'unico oggetto che avrebbe potuto consegnarlo al boia, dato che non c'erano altre prove in giro. Insomma, diciamo un serial killer un po' raffazzonato (più un criminale, un rapitore, un sequestratore…poi costretto ad agire diversamente dalle circostanze, per non finire dietro le sbarre). Questo toglie un po' di 'pathos' alla sua figura.
Infine arriviamo alla cosa più importante e attorno alla quale ruota tutto il plot…ossia il sequestro prima di Stefania Moroni, e qualche giorno dopo, di suo padre Alessandro, titolare della polizza di assicurazione che aveva come prima beneficiaria proprio la figlioletta. Il movente dell'assassino è un po' il movente di tutti i restanti membri della famiglia (ossia il ricco patrimonio di Alessandro), con la differenza che l'assassino puntava 'più in alto', cioè alla intera eredità, arrivando alla sua eliminazione fisica e a quella di Stefania per poter intascare l'intero malloppo, da momento che dopo Stefania diventava lui il beneficiario (non viene mai specificato questo, ma è evidente…se così non fosse stato, l'intero sequestro non avrebbe avuto modo di essere). Incongruenza n. 5: un movente 'esplosivo' e il mediatore fantasma (1° e 2° delitto)
Il movente nei gialli (romanzi e film) è sempre uno dei soliti tre (amore, soldi, vendetta), ma qui Valerii ha voluto davvero esagerare, includendoli tutti! L'odio di Oliviero per il fratello Alessandro è "lucido, folle, spietato" (così dice Peretti alla fine), non sappiamo se per via di quella mano destra persa in guerra per salvare il fratello o per altro... anzi a dire il vero il mistero di quella mano finta non verrà mai approfondito, nemmeno con una misera fotografia, niente, nada ne nada...la moglie sottolinea più volte quanto volesse bene, poco ricambiato, ad Alessandro, ma alla fine, dopo che si riaccenderà la luce e lui sarà finalmente smascherato, dirà semplicemente che tutto gli era dovuto, non solo i soldi di Alessandro, ma lui stesso e sua figlia Stefania. E così scopriamo la vendetta nei confronti del fratello e l'amore per Stefania. Arriviamo così al denaro. La vera sfortuna di Stefania, prima ancora del rapimento, è stata quella di stare in mezzo a un covo di serpenti a sonagli. Tutti erano pronti a strumentalizzarla, anche Eleonora. Gli unici due che le volevano davvero bene erano il padre Alessandro e lo zio paterno Beniamino (lo scultore). lei era l'unico punto debole di Alessandro, e tutti gli altri lo sapevano bene. Così Eleonora Canavese (in Moroni), resasi conto che Alessandro non le avrebbe mai concesso l'affido di Stefania, d'accordo col fratello Giorgio Canavese, pensò di organizzare il finto rapimento di Stefania, che avrebbe scambiato per la somma di 100 milioni. Ma Alessandro non volle cedere e seguì il fratello Oliviero (incaricato della consegna del denaro ai mediatori) in macchina, sulla statale S.S. 24 al km. 21, la notte del suo rapimento. Oliviero arriva all'appuntamento con la sua brava Mercedes, attende il segnale dei mediatori e scende dalla macchina con la borsa, 4 individui scendono a loro volta dal camion che stava di fronte e pestano a colpo di bastone prima Oliviero, poi Alessandro (che nel frattempo era sceso dal sedile di dietro dell'auto per nascondersi e vedere chi fossero i mediatori. Ovviamente non poteva sapere che Oliviero era d'accordo con loro. Perchè l'intuizione che aveva avuto Oliviero era stata quella di inserirsi nel finto sequestro solo dopo che Eleonora e Giorgio avevano simulato il rapimento di Stefania, approfittandone anche per crearsi l'alibi ed eliminando fisicamente il fratello, lasciando poi Stefania legata mani e piedi a morire d'inedia nel bunker. Eleonora e Giorgio non avrebbero potuto certo immaginare che ci sarebbe scappato il morto, perchè Oliviero non era d'accordo con loro. Il suo piano era quello di infilarsi solo dopo, a cose fatte, eliminando il fratello e la nipote per diventare il primo beneficiario della polizza assicurativa sulla vita (era evidente, dato che aveva salvato la vita al fratello tempo addietro in guerra, o almeno questo è arrivato allo spettatore), sulla quale stava indagando per l'appunto Paradisi a inizio film. Lui non si sarebbe accontentato di una parte dei 100 milioni, voleva tutto. Un progetto decisamente pretenzioso e ambizioso il suo, non so quante volte nei gialli mi è capitato un killer che agisse sia per vendetta che per amore che per denaro! Massimo due, ma tre tutti assieme credo mai. Ad ogni modo, due o tre che siano, non verrà svelato il mistero dei quattro "picchiatori", chi fossero, quanto fossero stati pagati da Oliviero, perchè il killer non abbia mai pensato di eliminarli, dato che comunque loro avevano partecipato e se messi alle strette avrebbero potuto parlare. Probabilmente il loro compito era solo quello di portare via Alessandro dopo averlo colpito a bastonate e di colpire Oliviero (in modo appena sufficiente a garantirgli un alibi sostenibile). Solo così si può spiegare la loro rapida scomparsa dal teatro delle operazioni. Comunque, erano in quattro, e tutti potenziali testimoni. Perchè Oliviero non ha pensato di eliminare anche loro? Sia che sapessero sia che non sapessero.
Incongruenza n. 6: lo pneumatico che riflette la luce e che spicca balzi degni di Serhij Bubka (2° delitto).
Qui purtroppo per non far crollare il castello di sabbia si è costretti ad infrangere ripetutamente e leggi della fisica. In teoria potremmo dire che, date le misure della feritoia del bunker, Stefania avrebbe potuto comunque cercare di sgattaiolare da li. Ma aveva le mani ancora legate, ammettiamo che davvero non ce la facesse fisicamente. Allora fa un bel disegno col gesso (era li pronto evidentemente) che ritrae la figura del killer, con la cravatta in bella mostra, i pochi capelli ai alti della testa e la mano destra mancante, dietro allo specchio appeso alla parete, facendo cadere il chiodo (unico referto repertato dalla polizia). Poi prende questo specchio e lo lancia fuori dalla feritoia, parallelamente al pavimento del bunker (non c'era altro modo, perchè la feritoia era troppo stretta in senso verticale). Ecco questo specchio, non solo non si adagia per terra appena caduto (come era logico attendersi dato il diametro di almeno una trentina di cm.), ma riesce a coprire una distanza di oltre venti metri sulla circonferenza, attraversando terra, pietre, dislivelli, insomma un terreno decisamente sconnesso (e addirittura impennandosi colpendo una pietra, in modo da accelerare più rapidamente), e ricadendo, sempre seguendo una traiettoria in linea retta, pronto per essere afferrato da Mattia. Una dinamica del genere me la sarei aspettata da una gomma di auto rotolante giù per uno scivolo in asfalto, non certo da un vecchio specchio di quelle dimensioni che avrebbe dovuto affrontare attriti in ogni dove. Ovviamente vedere una bambina in quello stato non può che intenerire lo spettatore, farlo piangere, e li Valerii e Morricone hanno fatto un gran lavoro, perchè la scena è molto toccante e loro sono riusciti a raccontarla davvero bene, attraverso i flashback di Oliviero e le parole di Peretti. Una tragedia simile la ricordo solo nel Gatto di Bido e nello Squartatore di Fulci (anche li ho pianto a manetta).
La regia davvero elegante di Tonino Valerii e la musica eccellente di Ennio Morricone, che assume la forma di un triste lamento cantato da una donna che piange, rendono questo giallo davvero inquietante e ricco di atmosfera. L'ambientazione rurale, interamente nella campagna italiana, è molto bella, e la scena del crimine principale (un enorme pantano circondato da edifici abbandonati ) è esteticamente gradevole, quasi gotica. Questi sono i punti di forza di questo film, buono ma non eccezionale. Forse questo è un film che trarrebbe vantaggio da una visione ripetuta (l'ho dovuto vedere due volte per districarmi tra tutte quelle contorsioni nella sceneggiatura). Lo raccomando.