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C'ERA UNA VOLTA IL WEST regia di Sergio Leone

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stratoZ     9 / 10  14/11/2023 17:24:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Dopo la trilogia del dollaro Sergione (che è una crasi tra nome e cognome) realizza un ulteriore western a due anni di distanza, questa volta però cambia totalmente lo stile, sembra abbandonare gli scanzonati spaghetti western e realizza un ritorno al western di stampo più classico dai tempi più dilatati, dal montaggio meno serrato, concettualmente ad una chiusura di un cerchio riguardante il genere dalle sfumature nostalgiche e malinconiche, ed in effetti c'è poco da fare, le emozioni che trasmette "C'era una volta il West" specie nei minuti finali sono difficilmente eguagliabili, ancor di più per un appassionato del genere che vede riscorrere nei campi lunghi ad ampio respiro un trentennio pieno, di un genere diventato iconico, con la modernità ad incombere e seppellire i ruderi del periodo che fu, lasciando allo spettatore la sensazione agrodolce di aver vissuto un periodo unico ma ormai inevitabilmente in declino. Una visione sublime accompagnata dall'ulteriore colonna sonora di Morricone - ma che ne sappiamo, eravamo nel 68, avremo altri 50 anni per apprezzare le sue meraviglie - questa volta non caratterizzata dal fischiettio sgangherato tipico dei personaggi picareschi dello spaghetti western quanto di impianto più classico, come tutto il film.

Già dalla prima lunghissima sequenza con dei titoli di testa che sembrano interminabili si intuisce lo stile dilatato del film, fatto di più silenzi, cigolii, dettagli, l'epicità sgangherata e fumettosa degli spaghetti viene sostituita da un altro tipo di epicità, quella solenne, imponente, tipica del western classico ma più in generale del melodramma americano, Leone asciuga quasi del tutto l'ironia, ridà un valore alle morti, e di conseguenza anche alle vite, che negli spaghetti erano soltanto dei body count tra una frase epica e l'altra - ma avevano anche dei difetti - creando una componente drammatica sentitissima pur non sforando dai temi che hanno contribuito al suo successo.
Primo di tutti parlo dell'avidità o ancor di più la brama di denaro, su cui fondamentalmente si basa il plot principale, dallo sterminio della famigliola da parte degli uomini di Frank - un Henry Fonda stagionato e glaciale, considerabile il villain del film - ai continui ribaltamenti, tradimenti e colpi di scena che l'opera ci riserva, principalmente per risolvere gli interessi delle parti, dal magnate Morton a cui interessa arrivare a completare la ferrovia prima che la sua malattia progressivamente lo uccida a Cheyenne e la stessa vedova Jill che fiutano l'opportunità di guadagnare parecchio dal progetto dei McBain - sebbene questi ultimi siano considerati i buoni del film, ma attenzione, non c'è scritto da nessuna parte che i soldi non piacciano ai buoni :) - anche se oltre al denaro nel progetto dei McBain c'è un vero e proprio sogno di costruzione di una comunità, diciamo un ideale che si sposa con gli interessi economici, questa volta messo in scena senza una critica o una morale verso di esso ma utilizzato come tramite per mostrare il cambiamento dei tempi e l'avanzare del progresso.
L'altra tematica cara a Leone ma anche a tutto il genere è quella della vendetta, una vendetta covata decenni da parte di Armonica, interpretato da un grande Charles Bronson che da piccolo ha dovuto subire una grave ingiustizia da Frank, già ai tempi uno spietato criminale, la verità non verrà svelata fino a pochi minuti dalla fine, chiudendo il cerchio di una sceneggiatura ad orologeria calibrata perfettamente.

E poi la malinconia, il passaggio dei tempi, Leone inizia la trilogia del tempo, concettualmente, chiudendo a suo modo un'epoca, non è casuale il ritorno alla Monument Valley dove uno dei suoi principali ispiratori, John Ford iniziò tutto tre decenni prima, lo fa con la sua solita splendida regia che ci regala passaggi meravigliosi, dall'arrivo in carrozza di Jill con quei campi lunghi dalla scenografia straordinaria al carrello sui corpi morti della banda di Frank dopo la sparatoria - non mostrata - sul treno, fino ad arrivare a quella che è la scena più sentita del film, la morte di Cheyenne, rappresentante una vera e propria rottura col passato - il personaggio l'ho visto come un capobanda stanco e rasserenato dal passare della sua epoca tramite un'accettazione passiva, metaforicamente potrebbe essere il duro del west che si è ammorbidito - con quel movimento di camera splendido a salire e mostrare il treno che arriva, gli operai che lavorano, Jill che gli porta l'acqua, mentre armonica si allontana col corpo di Cheyenne per dargli una degna sepoltura. E ovviamente la splendida musica di Morricone.

Lacrimuccia, sipario chiuso, applausi.