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IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO regia di Sergio Leone

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Godbluff2     9 / 10  09/11/2022 22:45:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
IL film popolare di Leone per eccellenza, quello più "godibile" anche nelle sue tre ore di durata, quello più o meno conosciuto alla più vasta gamma di persone; naturalmente, è un altro capolavoro, che segue "Per qualche dollaro in più" (e il per me non così inferiore, nel suo essere materia grezza, e importantissimo "Per un pugno di dollari"). Rispetto al suo predecessore rappresenta certamente un'ulteriore maturazione stilistica, estetica ed espressiva per quanto a gusto personale non lo ritenga superiore al gioiello dell'anno precedente, un film che mi è rimasto profondamente nel cuore.
Indubbiamente però Sergio Leone con questo terzo film da un respiro più ampio alla sua narrazione epica e ne allarga la portata della sfera emotiva, drammatica.
Lo fa inserendo la guerra, quella di secessione, e dunque la Storia, all'interno del mondo chiuso e un po' fuori dal tempo (per quanto sempre in un tempo individuabile come la metà del XIX secolo americano) dei suoi due western precedenti.
Così i suoi banditi, cacciatori di taglie, assassini, pistoleri, che aveva già portato ad una dimensione più realisticamente cruda e umana, qui si ritrovano circondati dalla realtà pura della guerra, del fatto storico, della mattanza umana su larga scala ("Mai visto morire tanta gente e tanto male" dice Il Biondo, uno che è capace di ammazzare persone con la stessa facilità con la quale si accende il sigaro), che li circonda, li sovrasta e sono persino loro, questi bàstardi cinici e profittatori, gli unici portatori di quei rari gesti di semplice umanità in mezzo al macello, magari anche perché conviene loro (la magnifica parte del ponte, con un grande Aldo Giuffré) ma comunque espressi con spontanea naturalezza.
Attraverso le parole di due dei personaggi migliori del suo cinema, il Biondo e Tuco, Sergio Leone fa sentire direttamente la sua voce e il suo pensiero sugli orrori umani delle guerre. Leone, nel rivoluzionare il genere americano per eccellenza e nell'inoltrarsi nella Guerra Civile Americana, tratta il tema con più lucidità di quanto gli americani avessero mai potuto, o voluto, fare: blu o grigio a lui non importa niente, tant'è vero che si impegna a mostrare gli orrori di un campo di prigionia nordista, ovvero la parte dei vincitori, quelli che la storia la scrivono, poi. La sequenza del brutale pestaggio di Marione Brega-Wallace a Tuco, con l'orchestra che suona (l'importanza diegetica delle musiche di Morricone, di nuovo), i primi piani sui volti dei suonatori... Quelli non te li toglie più nessuno dalla testa.
Si tratta di un passo avanti importante del Leone autore, sempre più maturo e sicuro tanto dei suoi mezzi tecnici quanto di quelli espressivi.
Così, la dimensione epica di Leone aumenta ma guadagna anche in profondità, umanità e ulteriore capacità di commuovere, altri passi avanti verso il Capolavoro Assoluto che è quel "western lirico" di "C'era una volta il West".
Ne "Il Buono, il Brutto, il Cattivo" Leone riesce ad unire epicità e realismo ad un terzo elemento: quello di un'avventura "picaresca" che, nonostante i picchi d'intenso dramma umano sparsi per tutti i quasi 180 minuti, trasforma questo film nel più divertente del regista romano, quello che più spesso, con tante battute e tante trovate, ti regala un sorriso, qualche volta vere e proprie risate.
L'ironia beffarda di Clint è al suo meglio e l'accoppiata che forma con lo straordinario Tuco di Eli Wallach è esplosiva. Tuco, ecco, è davvero un personaggio su cui spendere tante e tante righe, volendo; mi limiterò a dire che, in questo gioco a tre del film, a ben vedere, si fa ben presto strada l'idea che il vero protagonista del film sia proprio lui "Il Brutto", al di là dell'iconica presenza di Clint Eastwood e del suo sigaro; entrambi i personaggi sono riflesso e voce dei pensieri del regista, è vero, ma se Il Biondo, come anche Sentenza, hanno una caratterizzazione perfettamente calibrata e dunque assolutamente efficace e memorabile, il Tuco ha una caratterizzazione ancor più attenta e particolarmente sviluppata, rispetto agli altri due. Leone era affezionato a questo personaggio, è un bandito che si è macchiato, lo sentiamo nella lunga lista elencata in quelle scene di gran humor nero, dei crimini peggiori eppure viene naturale, spontanea la simpatia, l'empatia provata per lui, finiamo per conoscere molti lati del suo carattere, parte del suo passato, parte della sua famiglia (bellissimo il dialogo con il fratello, bellissima la sequenza successiva sul carro col Biondo), finiamo per correre insieme a lui in quella spasmodica ricerca della tomba di Arch Stanton al cimitero di Sad Hill. Gli altri due protagonisti non hanno la sua stessa forza.
Eli Wallach, attore di gran talento e di eccellente versatilità, qui è al ruolo della vita e giganteggia. Lo aiuta anche un rapporto d'amicizia stretto velocemente con Leone e con Eastwood, che durerà per tutta la vita con entrambi, e su questo set porta ad un'intesa naturale e una collaborazione reciproca nello sviluppo dei personaggi e delle battute e delle scene.
Eastwood-Wallach formano una delle più straordinarie accoppiate comico-avventurose-drammatiche nella storia del cinema, spalleggiati da una nemesi spietata come quella di un credibilissimo Van Cleef, dunque eccellente nel calarsi in un ruolo così lontano dal suo carattere.
Il successo dei film precedenti permette a Leone di usufruire davvero di un budget degno di questo nome (si sfora oltre il milione di dollari, il doppio esatto di quello de "Per qualche dollaro in più") da parte della United Artists, e lui può sbizzarrirsi con scenografie e messa in scena sempre più complessa, utilizzando campi lunghi di ampissimo respiro al fianco delle inquadrature ravvicinate suo marchio di fabbrica e sfruttando tutti i mezzi a disposizione per creare un film maturo e completo in ogni suo reparto, dall'ottima fotografia (Delli Colli) all'indispensabile montaggio (Alabiso e Baragli) passando per le scenografie di Carlo Simi.
Anche Ennio Morricone continua a maturare e a sperimentare nuove soluzioni che, nemmeno a dirlo, sono fondamentali per l'impatto, la creazione emotiva e narrativa del film. Il celeberrimo "verso del coyote" non è solo il leitmotiv dell'intero film, ma diventa colpo di genio finale, colpo di maestria che entra nella leggenda, il tocco d'artista in chiusura, che spacca lo spazio della colonna sonora e si fonde con le parole stesse dell'attore. E fa pure ridere tantissimo. Che meraviglia. Questo colpo finale, come l'intero film, ha una comunicabilità enorme ed è per cose così che "Il Buono, il Brutto e il Cattivo" è il film più schietto e popolare tra quelli di Leone.
Naturalmente come sempre le composizioni di Morricone sono fondamentali nel drammatizzare le sequenze del film, co-autrici come sempre degli eventi narrati e non semplice accompagnamento: l'epica esplosione del triello finale ma, soprattutto, la sequenza che è il classico capolavoro nel capolavoro della "Febbre dell'Oro", il movimento di macchina vertiginoso e circolare che corre seguendo la corsa disperata di Tuco, con le trombe esaltanti di Morricone, è esaltazione pura del più grande Cinema come infinito contenitore d'emozioni. Da brividi.
Di momenti, battute, tocchi memorabili ce ne sono tantissimi (l'alleanza Tuco-Biondo contro gli uomini di Sentenza...) Si tratta della maturazione finale del primo Sergio Leone, quello della "Trilogia del Dollaro", come poi è stata riconosciuta. E si vede, da come comincia davvero ad utilizzare una sempre maggiore dilatazione del tempo narrativo, ad avvolgere con un film mandato al rallentatore senza bisogno di ralenty; qui non del tutto, anzi il film ha un ritmo indiavolato, rapido spesso e volentieri ma, altrettanto volentieri, impara a prendersi i suoi tempi, con calma, quando serve. Leone attraversa il ponte che lo porterà alla stasi temporale crepuscolare di "C'era una volta il West", per me il suo più bel viaggio nella frontiera americana del XIX secolo.