Dom Cobb 9 / 10 29/05/2016 18:27:51 » Rispondi Il temibile e psicopatico bandito El Indio evade di prigione e, con la sua banda, ha in mente di rapinare la più sicura banca di tutto il paese: quella di El Paso. A dargli la caccia e a farsi concorrenza nel mentre, il vecchio, calcolatore colonnello Mortimer e il pistolero noto come il Monco... Di tutta la stimata trilogia del dollaro firmata dal maestro Sergio Leone, questo secondo episodio uscito all'indomani del successo inaspettato e ruggente del celeberrimo Per un pugno di dollari sembra essere il meno ricordato e, in un certo senso, anche il meno considerato del trio; da parte mia, sebbene in modo del tutto involontario, mi sono ritrovato a condividere questa sensazione generale, ma soltanto a livello di gusto personale: forse perché il film non possedeva la semplicità del precedente o l'aura di leggenda del ben più memorabile successivo, ho sempre considerato Per qualche dollaro in più una divertente commedia western ottimamente girata... ma niente di più. In effetti, da un punto di vista meramente di entertainment, questa seconda escursione di Leone nella mitologia del vecchio West, pur mantenendosi sugli stessi, alti standard dei rimanenti membri della sua prima trilogia, manca di un'autentica scena madre, un momento che risulti iconico e assolutamente riconoscibile oltre ogni dubbio o incertezza.
Certo, lo scontro finale al suono del carillon è d'impatto, ma neanche lontanamente paragonabile al finale del primo western leoniano o a qualunque cosa verrà dopo questo seguito. E personalmente, la scena della conta dei morti non mi è mai sembrata niente di particolarmente eclatante, solo un'altra scena divertente fra tante.
Detto questo, ripeto che la mia opinione segue quella della massa a livello di gusto personale, ma non a livello di analisi oggettiva: infatti, come film a sé, preso senza tirare in ballo momenti iconici o divertimento soggettivo, questo Per qualche dollaro in più rappresenta un deciso passo avanti rispetto al primo capitolo. Si nota una maggiore sicurezza nella regia (riflessa anche in una maggiore durata), una certa originalità nel portare avanti una storia che, in ogni caso, si basa sempre sui soliti stilemi del genere (bounty killers sulle tracce di un bandito), una maggiore cura nella messinscena, dove spicca una splendida fotografia, e una fresca fluidità nella sceneggiatura, così come nel modo in cui vengono sfruttate tutte le occasioni possibili per far commedia.
"Questo treno... non ferma a Tupuncari." "Questo treno FERMA a Tupuncari". "Portalo alla stazione." "Fermo, portala di sopra." "Stazione." "Di sopra". "Perché guardi quell'animale, che ci trovi?" "E' un animale alto..." "Signor Martinez! ... Non le uso!" "E' arrivato uno straniero in città." "Bene." "E c'è un'altra novità." "Quale?" "Insieme al primo ne è arrivato un secondo!" "Tutta colpa dei treni, quei stramaledettissimi treni!"
Ma i progressi includono anche lo sviluppo dei personaggi: se il Monco del solito, volutamente monoespressivo Clint Eastwood rimane un tipo la cui espressione vacua e perennemente furba basta e avanza, lo squilibrato Indio (un Gian Maria Volonté istrione come non mai) e il colonnello Mortimer danno segno di una profondità che va oltre lo stereotipo o la macchietta; è l'inizio di un percorso che giungerà a ulteriore maturazione nei successivi film di Leone, trovando il suo ideale completamento proprio nella sua magnum opus, C'era una volta in America.
Le allucinazioni dell'Indio, con la scala cromatica virata sul rosso del sangue e la musica del carillon che sfoca in un indistinto clangore distante, è da cineteca. Per quanto mi viene da chiedere: giacché la sorella aveva già in mano la pistola, perché non ha sparato all'Indio invece di suicidarsi?
A completare il quadro, una colonna sonora decisamente più incisiva e matura del mai abbastanza lodato Ennio Morricone, le cui parti più riuscite sono senza dubbio la title track e la melodia che fa da sfondo al duello finale. Un altro classico western da un maestro del Cinema italiano: come ho già detto, forse privo di una sua scena madre o di momenti particolarmente iconici, ma comunque un grandioso esempio di settima arte al suo massimo.