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PER UN PUGNO DI DOLLARI regia di Sergio Leone

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Ciumi     8½ / 10  05/10/2009 11:53:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il primo capitolo d’un mito. O meglio, dei diversi miti che al mito diedero origine:

LEONE reinventa un genere. Niente indiani, niente romanticismo crepuscolare. Il suo west è un luogo polveroso per soli sciacalli e avvoltoi; barbaro, “selvaggio” davvero, evacuato da dio e dagli uomini onesti.
Ci appiccica addosso la sabbia e il sudore. Ci fa sentire gli aliti pesanti dei suoi pistoleri sul collo. Rende palpabile l’attesa al grilletto e alterna ai silenzi carichi di tensione grandi dialoghi ironici e concisi.

EASTWOOD è l’eroe, il “buono” identico ai nemici che combatte: veniale, mercenario, solitario, laconico. Vagabondo in una terra dove l’unico talento che conta è quello per la pistola. Samurai amorale e disonesto (è arcinoto che la pellicola fu una trasposizione del “Yojimbo” di Kurosawa, e anche i tribunali ne seppero qualcosa) catapultato ai confini desertici del Messico, che rivendica il suo ruolo di autentico buono solo durante l’episodio dei due sposi prigionieri.

VOLONTE’, il cattivo (per il brutto bisogna aspettare il terzo capitolo, ma di brutti grugni anche qui se ne possono ammirare parecchi): carismatico, visionario, efferato, folle, intelligente, apparentemente invincibile. Il summa di tutte le aberrazioni dell’uomo e delle virtù d’un pistolero. Addirittura si supererà, a mio parere, nel successivo capitolo della trilogia.

MORRICONE. La sua musica meriterebbe un saggio a se stante. Fischiettii, ritmo cavalcante, cori marcati e battenti, scampanii (anche se qui se non sbaglio non sono presenti), opere che hanno influenzato non solo le composizioni cinematografiche seguenti, ma in generale buona parte della musica pop-rock e d’avanguardia sviluppatasi nella seconda metà del Novecento.

Costato “un pugno di dollari”, incassò al tempo “qualche dollaro in più”.