Dom Cobb 10 / 10 03/11/2012 12:42:39 » Rispondi Per chi scrive, Daniel Craig nel ruolo dell'agente segreto più famoso di sempre, ossia James Bond 007, ha rappresentato un caso molto particolare: credo infatti, di essere uno dei pochi ad essere passato dalla parte dei denigratori a quella dei fan. Dunque, ormai abituato alla sua glaciale performance e allo stile meno "surreale" dei suoi film, posso dire senza dubbi né mezzi termini che Skyfall è il miglior Bond-movie da lui interpretato. Merito di questo va, però, attribuito non tanto a Craig stesso, il quale resta comunque un ottimo attore e che comunque si vede che ci mette molto del suo, quanto all'intero cast di comprimari, nonché all'indubbia abilità della troupe, in primis un Sam Mendes e un team di sceneggiatori (Neal Purvis, Robert Wade e John Logan) in gran forma. In effetti, lo si capisce fin dall'adrenalinica sequenza-prologo di che pasta sia fatta questa ennesima avventura di 007, la quale, districandosi fra innumerevoli citazioni agli illustri predecessori e una trama con poche sorprese ma carica di un pathos davvero raro da trovare al giorno d'oggi, si ricollega nello schema narrativo e a livello formale
Specialmente nella scena finale, roba da andare in brodo di giuggiole.
ai primi episodi del franchise, dove tutto è iniziato. Tanti dialoghi che mettono in chiaro la consapevolezza di quanto il mondo qui tratteggiato possa sembrare antiquato e inutile salvo rivelarsi poi l'esatto contrario si alternano a momenti al cardiopalma davvero invidiabili nella loro impeccabile realizzazione, con un ritmo che si fa sempre sentire al momento giusto (una menzione particolare al compositore Thomas Newman e alla sua potente colonna sonora). Poi, come non citare i comprimari di questo giocattolo d'autore? Insomma, neanche il più accanito dei detrattori può negare la bravura di un mattatore come Javier Bardem o la pungente ironia di Ben Wishaw, per non parlare dell'ambigua "figura in giacca e cravatta" di Ralph Fiennes o dell'ormai invecchiata "madre" di Judi Dench: sono loro a completare lo sforzo iniziato dal comparto tecnico e a dare allo spettacolo quel qualcosa in più, quel "touch" che gli permette di essere goduto appieno soprattutto nella straordinaria sequenza in Scozia.
Non accenno neanche a quelle di Istanbul, Shangai o Londra, non vi voglio sciupare il divertimento.
Inutile, tra l'altro, chiedersi come faccia un uomo a sopravvivere a una caduta di centinaia di metri in acqua con due proiettili in corpo (so di non spoilerare nulla, tanto lo sanno già tutti): l'improbabilità ha sempre contraddistinto questa saga, e d'altra parte è niente in confronto al crollo di un certo palazzo veneziano. Commento generale, dunque, tenendo anche conto che vedere per la prima volta un film del genere al cinema fa il suo effetto: bello, d'impatto, tutto quello che si potrebbe desiderare in un buon Bond-movie. L'agente 007 è pronto a tornare nella sua "solita" routine, e mi auguro che non veda la pensione così presto. Dopotutto, il mondo è fatto più di ombre che di luce, e di un uomo che penetri in quelle stesse ombre per estirparle c'è sempre bisogno...
Dom Cobb 10/05/2024 00:03:25 » Rispondi Incaricato di recuperare una lista contenente i nomi di tutti gli agenti MI6 sotto copertura, James Bond viene ferito in missione e ritenuto morto. Sei mesi dopo, ritorna per proteggere il suo capo M da uno psicopatico che ha messo le mani sulla lista e la usa come parte di un sadico gioco di vendetta... Nell'ambito del franchise di 007, uno dei più longevi, iconici e di successo nella storia del cinema, "Skyfall" è il capitolo della crisi di mezz'età. Arrivati a mezzo secolo di sfruttamento di un personaggio che ha segnato, nel bene e nel male, l'immaginario collettivo di tutto il pianeta, fra cambi d'attore, ripartenze, ritorni e cambiamenti tecnologici e sociali, si sente il bisogno di fermarsi un momento e fare il punto della situazione. E' anche il primo film di Bond a spingere sul pedale della spettacolarità estrema da grande blockbuster, per come la intendiamo in un panorama cinematografico ormai annegato da prodotti da centinaia di milioni di dollari l'uno, dove i Transformers di Bay, i Pirati disneyani e i supereroi di casa Marvel e DC hanno sollevato l'asticella di quanto si può rendere in grande un film. Alla guida dell'auteur Sam Mendes, il risultato è forse il film più riflessivo di tutta la saga, quello che più degli altri pone l'accento sulle incertezze e lo scopo ultimo del suo personaggio. Che posto c'è per 007 e quelli come lui in un mondo post-moderno? Può un'icona in lento ma inesorabile invecchiamento, con i suoi acciacchi e il suo atteggiamento vecchia scuola, fare la differenza in un ambiente sempre più dipendente dalla tecnologia e dalle menti giovani? E soprattutto, è possibile sviluppare certi interrogativi sposandoli in maniera efficace con l'azione e l'avventura che uno si aspetta da un film di Bond? Il risultato è un po' un paradosso: senz'altro un eccellente film, eppure nonostante i vari richiami e un finale che riporta tutto all'ordine, ci trovo davvero poco di Bond. Quel che è certo è che Mendes sforna senza dubbio uno dei capitoli meglio girati di tutto il franchise, dove a farla da padrone indiscusso sono i mirabili giochi di luce, ombra e colori della sgargiante, raffinata ed elegantissima fotografia di Roger Deakins; certo l'azione ha un che di scolastico nella messinscena, ma fra la travolgente colonna sonora di Thomas Newman (con tanto di ammaliante canzone di Adele) e un montaggio impeccabile risulta coinvolgente quanto basta e anche abbastanza intensa in più di un punto. Peccato allora che sia ridotta all'osso, riservando il meglio per primo
Lo spettacolare inseguimento in moto su e giù (letteralmente) per Istanbul e sul tetto di un treno in corsa, finché Bond non viene erroneamente colpito dalla sua co-agente.
e procedendo da allora col freno a mano tirato, dandoci grandi viste e panorami ammalianti al servizio di un tono serioso e crepuscolare, dove Bond si muove da un punto del globo all'altro (Shangai, Macau, Scozia), ma il focus è meno sul lato spionistico e più su discussioni riguardo il confronto fra il vecchio e il nuovo, il giovane e l'anziano. Un discorso che già era stato sfiorato in "Goldeneye" ma che qui è l'unico, vero punto in questione. L'intenzione è ammirevole, sebbene la risposta in sé sia scontata: nel corso del film la figura di Bond dovrebbe venir decostruita pezzo per pezzo per poi essere rimessa insieme alla fine, pronta per nuove avventure che potrebbero continuare all'infinito. Da questo punto di vista ha senso il graduale reinserimento nel corso del film di elementi del franchise che non si vedevano da un pezzo, vecchie glorie interpretate da ottimi attori,
Il giovane Q di Ben Wishaw appare nella sua solita scena da consegna-gadget, la co-agente di Naomie Harris si scopre essere nient'altro che Moneypenny, il burocrate Mallory interpretato da Ralph Fiennes diventa un M nella tradizione del capostipite Bernard Lee e nel terzo atto viene recuperata anche la prima Aston Martin di 007, la DB5 di Goldfinger.
né disturba il fatto che la trama pesca a piene mani dalla tradizione e dal passato bondiani, risultando a tratti un copia e incolla dello stesso "Goldeneye" già citato prima. Si tratta di scelte calcolate e volte a mostrare un ritorno alle origini non solo all'interno della storia, ma della saga a senso lato. E qua e là c'è spazio per delle riflessioni non banali, non tanto sul personaggio in sé quanto sullo stato sociopolitico del mondo attuale;
Il discorso di M riguardo il fatto che il mondo, ora più che mai, è avvolto nell'ombra perché i veri nemici non sono più nazioni, ma individui avvolti nell'anonimato, è emblematico e tuttora attualissimo.
il fatto è che si ha la sensazione che i temi messi in campo non vengano sviluppati a dovere. Questo perché lo stesso Bond non viene mai veramente decostruito: è vero, nell'ultimo atto si torna letteralmente a casa, apprendiamo spezzoni della sua vita d'infanzia, un passato personificato dal vecchio guardacaccia Kincaid,
Veniamo a sapere che la famigerata "Skyfall" era la residenza di famiglia, che i genitori di Bond morirono in un incidente in montagna, un evento che lo segnò psicologicamente per il resto della sua vita.
ma di fatto il suo personaggio non subisce alcun arco narrativo. Bond per tutto il film resta lo stesso, non dubita mai né cede mai di fronte a nessuno, la sua fede in sé stesso o in M non viene mai a mancare. Craig lo interpreta come una sorta di semi-automa, che dopo qualche secondo di astio per essere stato "messo da parte" fa finta di nulla e torna in servizio senza battere ciglio. Neanche Silva, il classico villain psicopatico di Javier Bardem, riesce a minare le sue convinzioni, anche se tutta la trama sembra voler indicare che è proprio così: il suo personaggio funziona preso a sé, però non funziona mai come contraltare di 007, suo lato oscuro che in teoria lo dovrebbe tentare a prendere in mano il suo destino e lanciarsi in anarchiche imprese volte alla sua stessa gratificazione.
L'unico aspetto che i due hanno in comune, come specificato dallo stesso Silva, è che entrambi vivono fra le rovine: Silva in un'isola abbandonata e ridotta in macerie, Bond nel suo approccio lavorativo da vecchia Inghilterra. Ma per il resto, Bond rigetta le sue offerte senza battere ciglio, senza neanche un istante di conflitto; neanche sapere che M ha di fatto "tradito" Silva vendendolo ai cinesi lo scuote minimamente, quando il film secondo me avrebbe beneficiato di un minimo di dubbio che a lui potesse succedere qualcosa di simile.
In un film che fa dei temi l'elemento portante, manca un elemento tematico che colleghi Silva a Bond e invece si concentra piuttosto sul rapporto Silva-M. Proprio lei si rivela essere la parte più intrigante del film, dando a Judi Dench abbastanza materiale da distinguersi come qualcosa di più di una semplice capa ferrea e inflessibile, trasformandola in un essere umano a tutto tondo. La sorte del suo personaggio, per quanto telefonata fin dall'inizio, è ben eseguita e alla fine dà comunque Bond un buon motivo per tornare a essere quello di sempre, continuare così e andare avanti col lavoro, evitando sentimentalismi o iperboli che un po' si fanno sentire qua e là.
E' chiaro fin dall'incontro con Mallory che la M di Dench è destinata a morire, un evento che sottolinea ancora di più il rapporto madre-figlio che si è instaurato fra lei e Bond. Ed è in qualche modo calzante che 007 decida di tornare in servizio anche (ma non solo) per onorarne la memoria e rispettarne l'ultima volontà.
Infatti il più grande problema di "Skyfall" è non tanto il suo prendersi molto (troppo) sul serio, ma quest'aria pretenziosa che fa capolino ogni tanto: nei tempi dilatati che provocano interesse ma non eccitazione, nel modo in cui la telecamera cerca di rendere i momenti più mondani una gioia per gli occhi anche quando oggettivamente non ce n'è bisogno,
Lo scontro fra Bond e il sicario Patrice nel grattacielo di Shanghai, girato tutto in silhouette contro sfondi multicolori al neon in un'unica ripresa, è grandioso quanto un tocco di stile fine a sé stesso, che nonostante tutto rende la lotta stessa incomprensibile, visto che è impossibile capire chi è chi.
nel modo in cui la colonna sonora di tanto in tanto si fa epica mentre si citano i versi di una poesia di Tennyson. E' senza dubbio il marchio stilistico di Mendes ed è ovvio che questo volevano i produttori; ma a me francamente disturba un po'. Dopotutto stiamo parlando di Bond, non di Shakespeare e certi tentativi finiscono per diminuire il tasso di godimento anziché elevare a un'opera d'arte moderna qualcosa che neanche vuole esserlo. Specie se a farne le spese è l'azione, che come già accennato, è molto contenuta sia per quantità che per dimensioni. E poi si dovrebbero menzionare alcuni buchi alquanto vistosi che denotano una certa pigrizia nell'affrontare certi passaggi,
Bond sopravvive a una caduta di cento metri in un fiume; dopo un intero trippone sui titoli di testa lo ritroviamo sei mesi dopo in località ignota a fare baldoria e affogarsi di Heineken a tutto spiano come se niente fosse e per tutto il tempo non si accorge di girare con un frammento di pallottola nella spalla. E una baracca in riva al mare in un paese del terzo mondo che prende la CNN (su un mega-televisore di ultimissima generazione, tra l'altro) senza neanche un minimo di interferenza, con audio e video eccellenti, senza neppure i sottotitoli.
ma alla fine sono cosa da poco. In fin dei conti, nonostante la pretenziosità, una storia meno profonda di quanto creda e temi che vengono sviscerati solo in parte, "Skyfall" funziona a dovere. Non è una visione leggera e di certo non è il Bond da vedere se si è in vena di provare a entrare in sintonia con la saga, ma visti i nomi associati al film, fornisce esattamente il genere di escapismo semi-impegnato che ci si aspetta. Che sia un ottimo film da quel punto di vista è fuori discussione... ma ancora non so se sia un ottimo film di Bond. Lascio a voi la scelta. VOTO: 8 e 1/2