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IL DELITTO PERFETTO regia di Alfred Hitchcock

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amterme63     8½ / 10  15/01/2009 22:49:07 » Rispondi
Come l’assassino cerca il delitto perfetto, così il cineasta cerca il film perfetto e Hitchcock in un certo senso ha cercato proprio di fare questo con “Dial M for Murder”. Ormai aveva una profonda dimestichezza con i meccanismi del thriller, tanto che poteva permettersi di discettare per interposta persona, cioè tramite i personaggi dei suoi film. Mai come in questa opera si nota la mano del regista, che predispone i dialoghi, le scene, le riprese, la recitazione degli attori ad arte proprio per raggiungere il suo scopo: coinvolgere nella maniera più intensa e naturale possibile lo spettatore nell’esplorazione logica ed emotiva di alcuni aspetti del mondo sociale e psicologico umano.
Qui l’istinto, l’emozione umana viene rappresentata come qualcosa di astratto e rimane quasi sullo sfondo, rispetto ai mezzi e ai modi con cui questo istinto intende raggiungere il suo scopo. L’istinto in questione è sempre quello ossessivo borghese dei soldi.
Perché? Con quali ragioni un uomo decide di impiegare tutti i suoi mezzi razionali, distruggendo senza ritegno un altro essere umano, per godere egoisticamente di meri oggetti materiali? Evidentemente non interessa. Per Hitchcock, come per Chaplin (Monsieur Verdoux), la società è fatta così, anche il delitto fa parte dei mezzi naturali per arrivare alla ricchezza materiale. Ciò che salva la società è l’imperfezione di ogni azione umana e Hitchcock è ottimista a proposito. E’ possibile usare l’imperfezione (o la perfezione non completa) per poter combattere e vincere anche le persone più ciniche, razionali e scaltre.
Con questo film Hitchcock ha voluto dare una rappresentazione il più possibile esemplare di questa sua teoria. Intanto tutto s’incastra alla perfezione, ogni cosa è spiegata a parole e rappresentata visivamente alla perfezione. Ogni particolare, ogni parola, ogni gesto è curato e niente è fuori luogo. Si viene letteralmente presi per mano e condotti dentro i meccanismi, anche perché sappiamo tutto dei personaggi, anche le loro intenzioni. Niente sfugge. Per questo ci si sente pienamente partecipi. Stavolta non disturba nemmeno l’ambientazione pressocché esclusiva in 4 mura. A differenza di Nodo alla Gola non ci sono chiacchere evasive che possono distrarre. Anche la scena del processo viene riassunta in maniera sintentica, intensa e geniale. Insomma non ci sono pause o distrazioni e veramente si sfiora la perfezione.
Ma evidentemente come non esiste il delitto perfetto, non esiste nemmeno il film perfetto. L’eccessiva astrazione, l’attenzione concentrata sulle modalità e sulle azioni, mette in secondo piano l’umanità dei personaggi. Grace Kelly è bravissima ma il suo personaggio è francamente scarso, fin troppo passivo. Anche gli altri si comportano in maniera un po’ troppo meccanica e quasi fredda. Non basta la solita ironia (appannaggio quasi esclusivo dell’ispettore) per umanizzare un po’ il tutto. Mi ricordo ad esempio in Sabotaggio, c’erano delle scene di una intensità emotiva molto forte. Qui manca un po’ questo. Comunque il resto è fatto in maniera sublime; c’è un tale controllo, una tale arte scenica e visuale che si rimane a bocca aperta.