caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

CHALLENGERS regia di Luca Guadagnino

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
stratoZ     6 / 10  02/05/2024 12:48:35 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Guadagnino gioca col solito tridente amoroso e con la classica metafora dello sport, "In campo come nella vita" diceva Nereo Rocco, ecco che questo film potrebbe essere la perfetta materializzazione di questa citazione, anche se non è assolutamente il primo, il cinema americano ci ha già invaso con i vari film pugilistici in cui l'ascesa e la caduta dello sportivo corrispondono all'ascesa e alla caduta dell'uomo, il che mi pare quasi ovvio dato che è un dato di fatto che le vittorie sportive influenzano la fama e il denaro, e la fama e il denaro influenzano lo status, qui Guadagnino lo fa col tennis e ci aggiunge una donna carismatica e manipolativa come pivot, i due personaggi uomini girano attorno a lei, fin dall'inizio, una Zendaya magnetica che catalizza l'attenzione tutta su di sé, non soltanto per le doti fisiche innegabili, ma per un carisma strabordante che sembra schiacciare i due uomini e ridurli a dei burattini nelle sue mani, ma è una semplice reazione a catena, anche lei nei suoi comportamenti sintetizza tutte le pressioni che ha ricevuto, mi spiego meglio, nell'atto di cercare sempre di avere l'uomo di successo, sportivo ed economico, vi è una necessità inculcata da quello che probabilmente è stata la sua formazione, essendo lei stessa stata una giovane promessa proveniente da una famiglia benestante, più o meno inconsciamente riversa tutte le sue aspettative, poi non rispettate anche a causa di una tremenda sfortuna, sull'uomo che l'accompagna durante il suo percorso di vita, e tra i due uomini si instaura quella competizione atavica che però rispetta comunque le regole dello sport, un po' meno dell'amicizia, d'altronde il tennis è forse lo sport perfetto per la rappresentazione, per eccellenza quello in cui la condizione mentale influenza enormemente la prestazione e nel quale si passa velocemente dall'euforia del successo, dalla consapevolezza dei prori mezzi alla più totale declabe, come si vede nel percorso di Art, è molto semplice passare dal vincere gli Slam al gareggiare ai challenger, così è la vita stessa, ma diciamocelo, caro Guadagnino, per quanto apprezzi il messaggio e l'atmosfera di sana competitività, non ho trovato particolari guizzi di originalità.

Poi, parere personalissimo, il malus del film sta nello stile, però magari sono io, l'ho trovato eccessivamente carico e patinato, con quella colonna sonora che parte dal nulla, della serie: dico una frase epica, e poi parte la colonna sonora, e tutte quelle sequenze videoclippare che raggiungono il climax nella scena finale in cui la camera impazzisce e prende la soggettiva dei giocatori, del terreno, della palla, tutto tecnicamente splendido sì, ma così carico da risultarmi indigesto e concedetemelo, sfociare nella tamarraggine, vero è che probabilmente si vuole volutamente trascinare delle reminiscenze degli anni ottanta reganiani in cui successo e status erano all'ordine del giorno e così applica uno stile simile.

Detto questo, è un film sufficiente, con un tridente di attori in formissima, con una buona componente socioantropologica, ma per quanto riguarda lo stile non è la mia cup of tea.