Mauro@Lanari 5 / 10 09/04/2021 10:26:44 » Rispondi Figlio bastardo di "Memento" (Nolan 2000) e "Amour" (Haneke 2012), dal 1° prende la trasposizione cinematografica delle psicopatologie versione 2.0, cioè da un punto di vista non più esterno al paziente. Raccontano la balla che così s'indurrebbe una maggiore comprensione empatica; in realtà è spesso sol'un espediente per una diegesi inutilmente diversa: stile, non sostanza. Dal 2° prende quell'edulcorazione tanto cara ai palat'ipersensibili dell'Academy, non avvezzi alla vera routine di liquami organici ben nota a qualsiasi badante non inventata per finalità di successo artistico come pure nel caso di quest'esordio.
Figlio bastardo di "Memento" (Nolan 2000) e "Amour" (Haneke 2012), dal 1° prende la trasposizione cinematografica delle psicopatologie versione 2.0, cioè da un punto di vista non più esterno al paziente. Raccontano la balla che così s'indurrebbe una maggiore comprensione empatica; in realtà è spesso sol'un escamotage per una diegesi inutilmente diversa: stile, non sostanza. Dal 2° prende quell'edulcorazione tanto cara ai palat'ipersensibili dell'Academy, non avvezzi alla vera routine di liquami organici ben nota a qualsiasi badante non inventata per finalità di successo artistico come nel caso di quest'esordio. Ed è imperdonabile anche la regressione al desiderio materno sfruttato come climax drammat(urg)ico, quand'invece chiunque abbia dimestichezza coi fatti oggettivi sa ch'il cortocircuito fra geriatria (ops: geronto-logia) e pediatria avviene con una tale rapidità che di norma la madre invocata ed evocata è un sintomo abbastanza precoce che si trascina per anni o decenni a mo' di mantra devastante. Leggo della presunta nascita d'un nuovo sottogenere filmico, l'"Alzheimer movie". Premesso che gl'anglofoni parlerebbero semmai d'un "dementia movie": coi dovuti distinguo, poiché alcuni registi ancora osano non indorare la pillola, il vero nuovo sottogenere è quello delle neuropsicopatologie separate dalle psicopatologie dinamiche, casi clinici dov'il problema cognitivo prevale sull'affettivo. All'inizio ho creduto che ciò avess'un qualche fondamento: il divario tra filosofia analitica e continentale si ripercuote in molteplici ambiti disciplinari, antropologia in primis, e se "loro" hanno un'altra tradizione, comunque va rispettata (mi riferisco all'empirismo anglosassone e in particolare alla teoria dell'identità di Locke, alla sua idea d'"Io narrante[si]" poi parzialmente mess'in discussione dagl'esperimenti di Bartlett condotti negl'anni '30 sulla c.d. "memoria ricostruttiva"). Al riguardo già nel '98 Di Francesco ha pubblicato l'ottimo libro "L'io e i suoi sé" (http://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/michele-di-francesco/lio-e-i-suoi-se-9788870784930-542.html). Ma, giusto per far'un unico esempio, Haneke che ci azzecca? Allora spunta fuori una spiegazione di ben altro tipo: deficit e anomalie cognitive possono risolversi in stratagemmi per escogitare strutture narrative men'ordinarie. Ribadisco: forma, non contenuto, quello dei conflitti psicodinamici che scompare progressivamente dall'orizzonte dell'interesse autorial'e non solo. Anche "Spider" di Cronenberg (2002) adottava la prospettiva del paziente, ma quell'inedita descrizione d'un disturbo psicotico mandò in estasi giusto un mio conoscente quasi mio coetaneo (un anno di gap a suo sfavore) con la doppia specializzazione in psichiatria e psicoterapia. Avrei preferito essere assai più laconico e scrivere, com'è uso altrove, un lapidario "WoT - Waste of Time". Non mi sono firmato apposta.
Mauro@Lanari 09/04/2021 12:07:49 » Rispondi Leggo della presunta nascita d'un nuovo sottogenere filmico, l'"Alzheimer movie". Premesso che gl'anglofoni parlerebbero semmai d'un "dementia movie": coi dovuti distinguo, poiché alcuni registi ancora osano non indorare la pillola, il vero nuovo sottogenere è quello delle neuropsicopatologie separate dalle psicopatologie dinamiche, casi clinici dov'il problema cognitivo prevale sull'affettivo. All'inizio ho creduto che ciò avess'un qualche fondamento: il divario tra filosofia analitica e continentale si ripercuote in molteplici ambiti disciplinari, antropologia in primis, e se "loro" hanno un'altra tradizione, comunque va rispettata (mi riferisco all'empirismo anglosassone e in particolare alla teoria dell'identità di Locke, alla sua idea d'"Io narrante[si]" poi parzialmente mess'in discussione dagl'esperimenti di Bartlett condotti negl'anni '30 sulla c.d. "memoria ricostruttiva"). Al riguardo già nel '98 Di Francesco pubblicò l'ottimo libro "L'io e i suoi sé" (http://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/michele-di-francesco/lio-e-i-suoi-se-9788870784930-542.html). Ma, giusto, per far'un unico esempio, Haneke che ci azzecca? Allora spunta fuori una spiegazione di ben altro tipo: deficit e anomalie cognitive possono risolversi in stratagemmi per inventarsi modalità narrative originali: forma, non contenuto, quello dei conflitti psicodinamici che scompare progressivamente dall'orizzonte dell'interesse artistico e non solo. Anche "Spider" di Cronenberg (2002) adottava il punto di vista del paziente, ma quest'inedita descizione d'un disturbo psicotico mandò in estasi giusto uno psichiatra mio conoscent'e quasi mio coetaneo (un anno di gap a suo sfavore). Avrei preferito essere assai più laconico e scrivere, com'è d'uso altrove, "WoT - Waste of Time". Non mi sono firmato apposta.