Recensione pirati dei caraibi: oltre i confini del mare regia di Rob Marshall USA 2011
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Recensione pirati dei caraibi: oltre i confini del mare (2011)

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locandina del film PIRATI DEI CARAIBI: OLTRE I CONFINI DEL MARE

Immagine tratta dal film PIRATI DEI CARAIBI: OLTRE I CONFINI DEL MARE

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Immagine tratta dal film PIRATI DEI CARAIBI: OLTRE I CONFINI DEL MARE
 

Lasciatosi alle spalle il temibile Davy Jones e l'ambizioso Lord Beckett, Jack Sparrow, orfano della sua amata "Perla", si ritrova a dover fare i conti con una fiamma del suo passato, Angelica, e il padre di quest'ultima, il leggendario pirata Barbanera. A bordo della Queen Anne's Revenge, Jack si troverà coinvolto nella ricerca della mitica "Fonte dell'eterna giovinezza".

Quattro anni dopo aver varcato i "confini del mondo", ritroviamo Johnny Depp nei panni dell'iconico capitan Jack Sparrow. Orfana della coppia Bloom-Knightley, oltre che del regista Gore Verbinski, l'accoppiata Disney-Bruckheimer, visti i successi al botteghino delle tre precedenti pellicole, ha pensato bene di spremere ancora un po' le potenzialità di questo fortunatissimo "franchise" chiamando alla guida di questa ormai collaudata corazzata il candidato all'Oscar per "Chicago" Rob Marshall, mentre a dividere la scena con Depp, ci sono le new-entries Ian McShane, nei panni del villain Barbanera, e l'ammaliante Penelope Cruz.

A Hollywood, si sa, le idee originali sono ormai da tempo merce rara in un mercato sempre più saturo di sequel e reboot inflazionati, e questo quarto episodio dei "Pirati dei Caraibi" non fa che confermare questa tendenza, tanto più che la trama questa volta prende spunto, in verità assai liberamente, dal romanzo di Tim Powers "Mari stregati". Il terzo episodio aveva riscosso incassi di tutto rispetto, denotando, però, una certa flessione rispetto al precedente, straordinario protagonista di un incredibile exploit al botteghino. Facile dunque accanirsi preventivamente contro di una pellicola la cui genesi è più che palesemente dovuta principalmente a ragioni di lucro, il cui ritorno economico non si discute, ma che qualitativamente lascia più di qualche dubbio. Tutto scontato, allora? Tutto già scritto? Non esattamente.

Johnny Depp, è risaputo, adora il personaggio di Jack Sparrow ed il pubblico anche, ma cosa succederebbe se ad affiancarlo ci fosse un suo clone di sesso femminile? Devono esserselo chiesto Ted Elliot e Terry Rossio quando venne chiesto loro di scrivere la sceneggiatura di questo quarto episodio: il risultato è l'Angelica cui Penelope Cruz presta il volto; purtroppo si tratta di un personaggio più decorativo che altro, non sfruttato a sufficienza, anonimo, tanto che la sua presenza è quasi impalpabile per lunghi tratti di pellicola. Stessa cosa dicasi per Ian Mc Shane e il suo Barbanera, solo che qui c'è l'aggravante del ruolo; mentre alla Cruz spetta il ruolo di "spalla", quello dell'attore britannico è il villain cui, però, manca il giusto mordente. Poteri sovrannaturali a parte, infatti, la sua figura appare decisamente pallida e piatta. Sembra quasi che la profezia che pende su di lui metta un freno alla sua indole violenta e sanguinaria. Sta di fatto che quello che dovrebbe essere un personaggio privo di scrupoli e disumano, al massimo risulta essere egoista e poco più, cosa che abbassa notevolmente il livello di credibilità della pellicola. Decisamente imbarazzante il parallelismo con gli antagonisti dei capitoli precedenti: sia il Barbossa de "La maledizione della prima luna", che lo spietato, lui si, Davy Jones erano nettamente più validi, superiori sotto molti punti di vista, capaci di incarnare realisticamente la figura del cattivo dal cuore inaridito, privo di pietà umana. Barbanera semplicemente da più l'impressione di essere un cattivo in decadenza, nulla più.

Ciò che però rappresenta la più grande "pecca" di questo episodio, è la decisione da parte della produzione di puntare solo ed esclusivamente sul carisma del personaggio di Jack Sparrow, cadendo nell'errore di credere che il solo amore del pubblico nei suoi confronti bastasse per ovviare a certe carenze, come appunto quella di circondare il protagonista di personaggi sulla carta buoni, ma di fatto poco accattivanti. È parere di chi scrive che la vera forza dei primi episodi (del primo sicuramente) risiedeva in buona parte nella coppia formata da Orlando Bloom e Keira Knightley, che con la loro storia d'amore facevano da filo conduttore all'intera vicenda, mettendo Johnny Depp e il suo Jack Sparrow nelle migliori condizioni possibili per esaltarne la personalità, per valorizzarlo, ma anche preservandolo dal rischio di risultare troppo ripetitivo e prevedibile.
In questo capitolo il ruolo di "ago della bilancia" spetta invece all'improbabile coppia composta dal missionario Philip Swift e la sirena Syrena, ma il confronto è decisamente impietoso per i due giovani attori; troppo poco approfonditi e mal delineati i loro personaggi, che si distinguono più per la resa edulcorata del loro rapporto che per lo spessore che lo stesso ricopre ai fini della storia. In definitiva si potrebbe quindi affermare che il vero "tallone d'achille" del film diretto da Marshall stia proprio nella scelta di personaggi inadatti a supportare degnamente le peculiarità di Jack Sparrow.

Sicuramente questo "On Strangers Tides" non può definirsi esattamente riuscito, ma non è nemmeno da bocciare su tutta la linea. Certo la distanza con gli altri tre film è quasi siderale, manca quasi totalmente quel taglio piratesco che tanto aveva affascinato all'esordio della saga, ma dopo una prima fase fiacca, si assiste ad una seconda parte più pimpante e gradevole. In particolare emerge una scenografia spettacolare, curata con meticolosità, mentre a soppesare la mancanza di originalità della trama ci pensa l'introduzione nella stessa delle sirene, non a caso al centro della scena più suggestiva della pellicola.
La colonna sonora resta sostanzialmente la stessa dei precedenti capitoli, semplicemente ri-arrangiata con l'ausilio delle chitarre acustiche del duo messicano Rodrigo y Gabriela.

Insomma, in vista di un probabile quinto capitolo, si intravede la necessità incontrovertibile per Bruckheimer ed il suo staff di trovare un degno comprimario per Johnny Depp, capace di supportarlo con efficacia, di modo che il pubblico torni ad ammirare lo scanzonato e imprevedibile capitan Jack Sparrow, altrimenti il rischio è quello di rovinare un personaggio che innegabilmente ha segnato il decennio cinematografico appena trascorso.

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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 06/06/2011 14.53.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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