Recensione la notte dei morti viventi regia di George A. Romero USA 1968
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Recensione la notte dei morti viventi (1968)

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locandina del film LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI

Immagine tratta dal film LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI

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E' il 1966 quando un giovane cineasta di Pittsburgh (ma nativo del Bronx, New York City), decide di realizzare un film che, nel giro di poco tempo, diventerà una sorta di emblema di rottura con la Hammer e con tutte le convenzionali regole hollywoodiane, non solo nel genere horror.
Questo giovane ragazzetto si chiama George Andrew Romero, padre di origine cubana e madre di origine russa: appassionato di fumetti dell'EC, di horror e di design (ha appena finito la University design di Pittsburgh), con numerose esperienze sul set, tra le quali quella come assistente alla regia di Sir Alfred Hitchcock nel famosissimo "Caccia al ladro".
Spinto dai successi di "David and Lisa" e "Goodbye Columbus", film girati proprio a Pittsburgh e che avevano avuto un notevole successo nella cinematografia indipendente americana, Romero si mette in società con due cugini italo-americani, i Ricci cousins, ed un giovane produttore newyorkese, Karl Hardman: l'obiettivo è quello di girare un film a bassissimo costo, dell'orrore, underground.

Il 1968 è un anno fatidico non solo per l'America, ma per tutto il mondo: gli Stati Uniti stanno vivendo un periodo di forte fermento. C'è la guerra in Vietnam, le rivolte universitarie, le lotte dei neri, il volere uscire da un certo cliché dato dalla cosiddetta "buona famiglia wasp". Si è parlato spesso de "La notte dei morti viventi" come di un horror politico, ideologico, contro. Tuttavia sorprenderà invece leggere che il regista non aveva la minima intenzione di realizzare una storia connotata politicamente, bensì solo produrre un horror-movie di rottura con i canoni imposti da Hollywood, soprattutto, leggasi sopra, gli horror della Hammer.
"Volevamo fare un film dell'orrore, in bianco e nero, con un protagonista di colore che uscisse totalmente dagli stereotipi che aveva offerto fino ad allora il cinema di Hollywood verso gli attori afroamericani, e soprattutto volevamo un film senza lieto fine, senza una storia d'amore, senza la classica rappresentazione della bella famigliola americana. La politica certo era intorno a noi, ma non volevamo fare un film politico". Tra i vari progetti analizzati prima di decidere di mettersi a realizzare "La notte dei morti viventi", due potevano classificarsi come puri horror, senza alcuna connotazione ideologica o sessantottina. Il primo progetto che Romero e Hardman presero in considerazione fu un film di fantascienza, molto ispirato a "La Guerra dei mondi" di Welles.
Vennero anche effettuati vari sopralluoghi nei paraggi di Pittsburgh, contattato un esperto di effetti speciali e filmati numerosi pali della luce, nonché bidoni d'immondizia che, lanciati in aria, potevano dare l'impressione di stare filmando un disco volante. Il progetto andò avanti per numerosi mesi finché ci si rese conto che non avrebbe potuto essere realizzato. Troppi infatti i soldi da investire (e gestire) per un budget ridotto all'osso e una line-production così disorganizzata. Il secondo progetto, di cui si sa poco e nulla, doveva essere un gore-black-sciente fiction-comedy intitolata "The invasion of the Spaghetti Flesh Eaters". Ma anche quest'idea, il cui titolo era tutto un programma, venne accantonata nel giro di poche settimane: Romero ed il suo gruppo di giovani cineasti ed appassionati di cinema erano ancora troppo inesperti e senza quattrini per affrontare film di tale genere.

Fu perciò a questo punto che Romero iniziò a prendere seriamente in considerazione l'idea di poter trasporre su pellicola il racconto "I am a Legend" di Richard Mattheson. La storia parla di un uomo rimasto unico superstite sulla terra, dopo che una strana epidemia ha trasformato la razza umana in vampiri.
Per la verità già qualcuno aveva pensato di realizzare questo film, e proprio un italiano. Ebbene sì: tale Ubaldo Ragona, regista che sparirà subito dopo avere realizzato questa pellicola, girò a bassissimo budget e per le vie di una Roma deserta "L'ultimo uomo sulla terra", piccolo capolavoro horror interpretato dal grande Vincent Price. Mai sapremo se Romero s'ispirò a questo film, praticamente inedito in Italia e rieditato negli Stati Uniti un anno più tardi con il titolo "The Last Man on Earth". Sta di fatto che alcune somiglianze dei vampiri di Ragona con gli zombies romeriani sono davvero notevoli. Inoltre "L'ultimo uomo sulla terra" parla di un uomo assediato nella sua casa da questi vampiri, cosa molto simile che accadrà ne "La notte dei morti viventi". L'idea del film di Umberto Ragona verrà ripresa pari pari 40 anni dopo con "28 giorni dopo".
Ad ogni modo torniamo ai progetti di Romero: il cineasta di Pittsburgh legge il raccontino di Mateson e lo propone subito ai cugini Ricci, ad Hardman e al resto della truppa. Sembrerebbe un film realizzabile, i costi però dovrebbero essere davvero ridotti all'osso. La troupe però, dopo qualche perplessità soprattutto da parte dei Ricci, accetta di buon grado di tuffarsi nell'avventura.
"I am a legend" come detto sopra parlava di un uomo rimasto unico superstite sulla terra dopo che un'epidemia aveva distrutto il genere umano. Invece Romero, come racconta egli stesso, non ha intenzione di parlare del poi, nel senso di cosa è successo dopo l'epidemia, ma durante.
In tre mesi scrive la sceneggiatura, riutilizzando, pare, elementi presi dai due già citati progetti horror precedentemente scartati.
I vampiri vengono tramutati in zombi, ovvero morti viventi, ma rompendo con l'idea tradizionale che si aveva fino ad allora degli zombi: a spiegarcelo è lo stesso Romero: "ne avevo abbastanza dei vecchi film di zombi con il tipico nero con gli occhini sporgenti (tipo "Ho camminato con uno zombi" ndr)... Il morto vivente mi sembrava il mostro perfetto, che si può sconfiggere, ma che non si riesce a sconfiggere per via dell'irrazionalità ed individualismo della razza umana. Comunque non una lucertola alta sei metri".

Le riprese di "Night of the Living Dead" incominciarono nel giugno 1967 e durarono sette mesi. Il motivo di tante settimane di lavoro era semplice. A parte Duan Jones (il protagonista di colore della pellicola) tutti gli altri interpreti del film non erano professionisti, compresi molti tecnici che lavorarono praticamente gratis. Perciò le riprese potevano essere effettuate solamente nei week end visto che durante i giorni feriali la maggior parte della troupe non poteva girare.
Per risparmiare si scelse la pellicola da 16mm mentre per essere "contro" la fotografia, dello stesso Romero, autore anche del montaggio, era di un bellissimo nonché livido bianco e nero. Alla fine degli 80000 dollari preventivati, "La notte dei morti viventi" ne costò 114000 indebitando Romero e la stessa troupe.
Ma il film era finito. Pronto. "Abbiamo un film, cazzo c'abbiamo un film!" grido' Karl Hardman a montaggio terminato.
La produzione pensò quindi di proporre la pellicola a varie majors hollywoodiane, ma tutte rifiutarono. Solamente la Columbia Pictures sembrò interessarsene, ma alla fine declinò: niente lieto fine, niente film a colori, niente storia d'amore. Mai rifiuto fu così errato.
Così una piccola casa di distribuzione, la Walter Reade Association, decise di prendersi l'incombenza (che poi non si rivelò tale) di distribuire "Night of the living dead" a Pittsburgh e nel resto della Pennsylvania.
Apparve chiaro da subito, fin dalla prima che si tenne proprio nella capitale della Pennsylvania, che il film diretto da quel giovane cineasta esordiente, era qualcosa totalmente diverso dagli horror che si erano visti fino ad allora: come detto il film non voleva essere politico, ma i riferimenti al Vietnam ed all'America violenta apparvero chiari a tutti.
"Night of the living Dead" venne proiettato a Pittsburgh ed in vari cinema della Pennsylvania, soprattutto nei drive in e come proiezione di mezzanotte, incassando in sole tre settimane 1 milione di dollari. Le spese erano tutte coperte, e ai ragazzacci di Pittsburgh andarono in tasca anche alcuni quattrini: pochi per la verità, ma sufficienti per poter girare una seconda pellicola indipendente (che sarà la commedia hippy scritta dai cugini Ricci "There's always vanilla").
Night of the Living Dead, a causa del poco coraggio della Walter Read's, non venne distribuito fuori dalla Pennsylvania e la casa di distribuzione fallì.

Tuttavia il film venne distribuito in Europa ottenendo successi clamorosi di pubblico e critica, e continuò ad essere un culto per i fans dei drive in e degli spettacoli di mezzanotte: questo insolito horror che faceva a pezzi in un batter d'occhio l'istituzione americana, il suo puritanesimo, la famiglia e la tipica mentalità wasp, non poteva non farsi notare. Grandi fans del film divennero gente del calibro di Andy Warhol e Mick Jagger; spinto dall'ondata di entusiasmi, nel 1969 "Night of the living dead" approdò nel "Museo delle Moderne Arti di New York".
E' la consacrazione: il film viene ridistribuito un anno dopo nel resto degli Stati Uniti, incassando oltre venti milioni di dollari (piu' di 200 rapportati ad oggi). Il maggior successo, fino all'arrivo di "Halloween", per un horror indipendente.
E l'avventura è appena iniziata.

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Recensione a cura di paul - aggiornata al 31/07/2006

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