Recensione gli angeli con la faccia sporca regia di Michael Curtiz USA 1938
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Recensione gli angeli con la faccia sporca (1938)

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locandina del film GLI ANGELI CON LA FACCIA SPORCA

Immagine tratta dal film GLI ANGELI CON LA FACCIA SPORCA

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Rocky Sullivan e Jerry Connelly sono due piccoli delinquenti che crescendo prendono strade diverse. Il primo dopo essere stato in riformatorio, diventa un criminale d'alto rango, l'altro diventerà prete con l'unico intento di prendersi cura dei ragazzini del suo quartiere, per evitare che facciano la fine del suo amico Jerry. Dopo quindici anni si rincontrano e tornano ad essere i grandi amici di una volta, fino a quando uno dei due chiederà un enorme sacrificio all'altro.

"Angeli con la faccia sporca" è un ottimo film gangster con punte sul sociale e rivolti moralistici, oltre ad essere uno dei capostipiti di una fortunatissima e foltissima schiera di pellicole dello stesso genere (la figura del prete e dei ragazzi da "raddrizzare" è richiamata in "Sleepers", l'avvocato corrotto e mafioso ricorda "Carlito's way", la figura del gangster simpatico e affascinante rimanda a "Scarface" e anche "Fino all'ultimo respiro", ma si potrebbe continuare a lungo).

Michael Curtiz (regista del celeberrimo "Casablanca") firma una regia molto particolare, arricchita da una serie di bellissime carrellate orizzontali, coaudivata da un ottimo montaggio che si avvale di dissolvenze incrociate o in nero che si susseguono senza sosta a raccontare in pochi secondi lunghi avvenimenti che riguardano i due protagonisti della pellicola, le cui vite prenderanno percorsi diversi a causa della crudeltà e della casualità del fato, elementi simboleggiati da una staccionata al di là della quale uno dei due si incamminerà verso un futuro totalmente opposto a quello dell'altro.
Jerry (il magnetico Pat O'Brien) e Rocky (lo straordinario James Cagney) incarnano alla perfezione quel grande sentimento che è l'amicizia (altro tema che potrebbe richiamare alla memoria "C'era una volta in America"), nonostante le avversità della vita e i differenti obiettivi: continuare a vivere alla macchia per uno, evitare che i ragazzi del suo quartiere prendano ad esempio la vita criminale per l'altro. Interessante la visione dello sport (il prete cercherà di coinvolgere i suoi ragazzi in una serie di partite di basket, invitando anche l'amico Rocky che è come "il miele" per i giovani che ne ammirano le imprese e il coraggio), come elemento di coesione e di salvezza dalla strada. Il prete le tenterà tutte per tenere i suoi ragazzi (gli allora famosissimi dead end kids) sulla retta via, ma i suoi sforzi risulteranno vani, soprattutto dopo il rientro nel quartiere di Rocky che verrà visto da loro come una sorta di eroe che si gode la vita e si fa rispettare da tutti. I giovani si metteranno al suo servizio e in più occasioni ne imiteranno le gesta, divertendosi e gozzovigliando per il quartiere con i soldi che elargisce loro, soldi sicuramente sporchi, soldi che Jerry rifiuta di utilizzare per ampliare i suoi progetti di costruzione di una parrocchia e di un futuro solido per i ragazzi.

Elemento caratterizzante di questa pellicola è una perfetta descrizione dei diversi caratteri dei protagonisti, non solo di Jerry e Rocky completamente opposti anche se in un certo senso speculari (vedasi il finale per credere), ma anche quella dell'avvocato di Rocky, Frazier (interpretato da un Humphrey Bogart non ancora assurto al ruolo di grande divo), intrallazzato con la mafia e messosi in pericolo per aver truffato proprio il suo cliente più pericoloso. Sarà la continua caccia al topo tra questi due personaggi a portare Rocky verso il delirio più totale, pronto a tutto pur di sfuggire alle maglie della legge o della mafia che lo vuole morto. A nulla servirà la presenza di una donna, Laury (la bellissima Ann Sheridan), amica d'infanzia anche lei, che cercherà in qualche modo di tenerlo fuori dai guai, fallendo così come ha fallito il prete. L'unica cosa che rimane da fare è arrendersi alla volontà del destino, non senza però cercare di trarre una nota di positività e di speranza per il futuro, a seguito di un enorme sacrificio consumato per il bene altrui, oltre che dei propri amici.
È proprio nel perbenismo e nell'ampia dose di moralità insita nella soluzione finale che risiede il difetto più grande, probabilmente l'unico, della pellicola. Evitando la piccola lezioncina ipocrita (che senso ha una lezione di vita se nasce dall'inganno?) che il prete cerca di inculcare ai suoi ragazzi, il finale epico e memorabile avrebbe potuto essere ancora più grande di quello che comunque rimane.

Straordinaria la sequenza nel braccio della morte, con i protagonisti che si recano verso la sedia elettrica camminando nella penombra del carcere nel quale si stagliano gigantesche ombre che danno spazio a pochi sprazzi di luce, la stessa che Jerry vedrà versando una lacrima di gratitudine e di dolore, una volta consumato il sacrificio del suo più grande amico. Le parti meglio riuscite di questa pellicola, comunque, rimangono le adrenaliniche scene d'azione (nonostante le ristrettezze a cui all'epoca il cinema era costretto ad adeguarsi) che vedono come protagonista Rocky impigliato in situazioni sempre più pericolose: un'imboscata in una farmacia, una sparatoria in un club privato, l'adrenalinico inseguimento finale della polizia.

Molto significativo, oltre che indicativo della dicotomia tra bene e male, il fatto che il "cattivo", Rocky, risulta agli occhi dello spettatore (oltre che dei ragazzini) affascinante, sensuale e molto simpatico; mentre il "buono", Jerry, soprattutto alla luce del suo comportamento finale, appare poco apprezzabile e molto meno simpatico, nonostante gli si riconosca la positività degli intenti potendogli rimproverare solo i mezzi con i quali raggiungerli.
Concludendo si può solo aggiungere che "Angeli con la faccia sporca", tralasciando quella piccola e quasi insignificante componente di convenzionalità, rimane un vero e proprio cult al quale si sono sicuramente ispirati i registi e i massimi esponenti di un genere importantissimo come il gangster- movie.

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 01/04/2009

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